Dio ha mandato suo figlio, il suo unico figlio, per salvare il mondo e noi per mezzo di lui. Ma non siamo salvati automaticamente, Gesù sembra dirci questo con la parabola: siamo salvati quando crediamo in lui e nel suo figlio. Ci viene data la possibilità di scegliere tra credere e non credere, tra l’essere salvati e l’essere condannati.
Poi Gesù sembra dirci che c’è già stato un giudizio su come ci siamo comportati, su quello che abbiamo scelto. Nonostante la luce sia venuta al mondo, e questa luce è Gesù, noi uomini abbiamo compiuto opere malvagie, abbiamo preferito le tenebre.
Ma attenzione! Qui è utile fare quella che forse è una classica distinzione: gli uomini hanno compiuto opere malvagie, ma non sono malvagi. Il male è qualcosa che facciamo, non qualcosa che siamo. E questo ci riveste di una grande responsabilità: quella di poter, e dover, costantemente scegliere tra luce e tenebre, tra fare “la verità” e fare il male.
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E la parabola ci dà uno strumento per discernere bene e male: chi fa la verità, il bene, va verso la luce. La luce, che è la prima opera del creatore, è gioia e gratitudine, consolazione e pace, è la sensazione di saperci e sentirci amati. È la gioia di esserci aperti a colui che ci può salvare e che ci può donare la vita eterna. Quando proviamo questa gioia, sappiamo di star “facendo la verità”.
Ilaria Zipponi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato