Quel dottore della legge non cercava davvero da Gesù una parola di vita nuova. La novità è sempre estranea, fa paura, destabilizza… Voleva solo squalificarlo, e così tornare in piena serenità a confermarsi nel suo modo di vedere, di fare, di provare a salvarsi. Poter tornare alla solita vita.
Davanti agli occhi di Gesù che lo scrutano fin nel profondo, poi, sente il bisogno di giustificarsi. Dietro la sua seconda domanda non sta un vero desiderio di capire, ma la volontà, ancora una volta, di difendere le sue scelte, di dimostrare che il suo modo di vivere la legge è più che sufficiente. Scuse e giustificazioni nascono sempre dal bisogno di difendersi: creano un solido muro che ci rende inattaccabili, non scalfibili, e quindi incapaci di qualsiasi dialogo vero, che sempre è crescita e novità.
Davanti a questa rigidità, Gesù inventa una storia in cui tutto è rovesciato: il cattivo per eccellenza (samaritano) fa la parte del buono, mentre i custodi della legge rivelano tutta la loro superficialità e indifferenza; il prossimo non è colui che è aiutato ma colui che aiuta, non semplicemente chi era lì vicino, ma chi ha scelto di farsi vicino.
Signore, vieni a sparigliare le carte della mia vita, sbilanciami, donami la sana inquietudine di chi è ancora in ricerca e sa di non potersi dare vita da solo.
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Harambet
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato