Ci possiamo immaginare tra i discepoli ad ascoltare Gesù che parla seduto sulla montagna: possiamo sentire il caldo, il terreno sabbioso sotto di noi, l’aria secca, il rumore del nostro vicino che si muove. A causa del brusio facciamo fatica a concentrarci sulle parole che ascoltiamo.
Parole non facili da capire, ma che parlano di felicità e di salvezza.
Perché è quello che Dio desidera per noi. E con queste parole Gesù cerca di aiutarci a raggiungerle, ci dà qualche indicazione in più.
Felicità perché ci indica, in modo profondo e dettagliato, quali sono le caratteristiche e i modi di agire che rendono pienamente felici, profondamente consolati. Salvezza perché parla al futuro, parla del regno dei cieli, del regno di Dio.
Sono tutte caratteristiche o modi di agire che presuppongono un’apertura verso il prossimo, verso l’altro. Una disposizione ad accorgersi e ad aiutare gli altri, a rendersi conto e a prestare attenzione al contesto in cui viviamo, a non essere chini su noi stessi. Che di sicuro diventa un’apertura verso Dio, verso l’incontro con lui. Ed è questo, un’apertura al prossimo che è apertura all’incontro con Dio, ci dice Gesù, che ci rende pienamente felici e che ci salva.
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Gesù sembra volerci dire anche un’altra cosa dalla montagna: se ci è stata donata una di queste caratteristiche, non dobbiamo pretendere di vedere i “risultati” di come siamo o di come agiamo subito.
Se riconosco di essere mite, assetata di giustizia, misericordiosa, pura di cuore, operatrice di pace… non devo aspettarmi che mi vengano riconosciuti dei meriti nel presente, ma vivere il presente pienamente e intensamente, nella maniera più allegra ed esultante possibile, sempre pronta ad accogliere Dio. Allenare il cuore a rimanere aperto all’incontro con l’altro, che è incontro con Dio. E attendere con serenità e fiducia il regno dei cieli.
Ilaria Zipponi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato