Abbiamo amato più le tenebre. Come uomini, abbiamo preferito le tenebre alla luce: abbiamo compiuto opere malvagie. Ognuno di noi, se si guarda dentro con attenzione, può riconoscere qualche “opera malvagia”: le volte in cui ci siamo fatti guidare, nelle nostre scelte e nelle nostre azioni, dalla voce dell’invidia, da quella della pigrizia o da quella dell’egoismo. Da una delle tante voci del nemico.
Ma le nostre opere malvagie, quello che di male abbiamo fatto a noi stessi o agli altri, non hanno l’ultima parola su di noi. Questo perché, ci dice Gesù con questa parabola, Dio ci ha amato tanto da mandare suo figlio, il suo figlio unigenito, per salvarci – e non per condannarci per quello che di male abbiamo fatto.
Dio ci permette e ci insegna a non identificarci con le nostre opere malvagie, a riconoscere il male commesso e a sentire che noi non siamo il male che facciamo. Solo da qui, infatti, possiamo ripartire. Solo da qui possiamo ambire alla salvezza. E lo strumento che Dio ci dona, l’unica cosa che ci chiede, è di credere in lui, di avere fede.
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Allora saremo salvi, saremo nella luce, nonostante le nostre tenebre.
Ilaria Zipponi
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato