Portare solo la pace. Nient’altro. Inermi, indifesi, quasi ingenui. Sentirsi nudi e in balìa dell’altro come un agnello in mezzo ai lupi è la condizione che vi permette di incontrare l’altro.
Forse incontrerete un figlio della pace, uno come voi. Nell’essere accolti, potrete scambiarvi ciò che ciascuno può offrire. Le vostre diversità si integreranno. Stabilirete un legame profondo, intimo, vi sentirete fratelli e sorelle. Avrete la sensazione di essere a casa, pur con degli sconosciuti, che vi sembrerà di conoscere da una vita. Sperimenterete che la comune umanità è la vera dimora dove è possibile abitare. Vi accorgerete che non avete bisogno di altro. E gioirete insieme.
Forse vi capiterà di non essere accolti. È faticoso non essere visti o riconosciuti dall’altro. Viene da reagire e da arrabbiarsi. Si riattivano antiche ferite. Il cuore si chiude per proteggersi. Ecco: quello è il momento propizio per sperimentare una cosa straordinaria: l’altro non ha il potere di togliermi la pace. Non si tratta di fare finta di niente di fronte al rifiuto, di negare il dolore per il mancato riconoscimento e neppure di far buon viso a cattivo gioco.
La pace è un atteggiamento assertivo: ha a che fare con la franchezza, ovvero con il coraggio di guardare negli occhi l’altro riconoscendolo umano anche nella sua chiusura. La pace è esercizio consapevole di questo potere: il potere dell’amore. È ciò che ti rende autenticamente umano. Quando smetti di cercare l’umanità dell’altro smetti tu stesso di essere umano.
La missione, come la intende Gesù, è una chiamata a rimanere umani, anche lì dove ci sentiremmo in diritto di rinunciare alla nostra umanità.
Flavio Emanuele Bottaro SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato