Quando Gesù ha raccontato la prima volta la parabola della zizzania abbiamo imparato una cosa fondamentale: è molto importante non estirpare con la forza le nostre debolezze, i nostri difetti. Togliere il male non è cosa che ci compete, c’è troppo rischio di eliminare la nostra stessa forza vitale, la nostra personalità, la nostra storia. Quindi non dobbiamo fare niente?
Nella spiegazione della parabola apprendiamo anche che, a un livello più profondo, ci sono due forze in gioco nella nostra vita: Gesù e il Maligno, che sant’Ignazio chiama Nemico della natura umana proprio perché è colui che si oppone alla nostra crescita umana e spirituale insinuando pensieri che ci bloccano su noi stessi, sugli altri e su ciò che ci proponiamo di fare.
Contemplando invece Gesù, la Parola di Dio fatta carne, abbiamo la possibilità di sintonizzarci sulle sue onde, e scoprire che in noi (proprio nella nostra forza vitale, nella nostra personalità, nella nostra storia!) già c’è un principio di vita, una possibilità concreta di realizzare la nostra persona e aiutare gli altri a fare lo stesso.
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Questa è quindi la responsabilità di ogni discepolo, e direi di ogni uomo: riconoscere queste due forze, non scandalizzarci quando scopriamo che siamo complessi, e coltivare la prima.
Alla zizzania ci penserà Dio alla fine dei tempi, o meglio al compimento del desiderio di Dio su di noi e su tutto il creato: il fuoco dell’amore, della passione di Dio per noi, consumerà tutto ciò che ci divide. Non è una cosa da temere, ma il tocco finale al nostro lavoro che stiamo già cominciando ora!
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato