Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 1 Agosto 2020

Erode è un re, ricco, potente, circondato dalle sue sicurezze, ma è anche un uomo che non ha il coraggio di entrare in contatto con i suoi sentimenti più profondi. Disperatamente si aggrappa alle situazioni del momento per giocarsi in scelte importanti che però lo riconducono ogni volta a un gusto amaro. Con il tempo è diventato arrogante e scontroso perché ha paura che la gente possa accorgersi della sua fragilità. È così che Erode ottiene tutto con la prepotenza, vivendo una vita da insoddisfatto che, passo dopo passo, lo porta nel baratro dell’infelicità.

Quando sente della fama di Gesù, subito si immagina che sia quel Giovanni che lui ha fatto ammazzare seppur controvoglia. Vive costantemente nel senso di colpa perché sa che la morte di questo uomo è conseguenza della sua mancata presa di posizione. Lui, persona di autorità, che rimane vittima misera di un raggiro. La sua paura di fare una brutta figura di fronte ai commensali (cosa penseranno di me? Non posso rimangiarmi la parola data, non sarebbe coerente da parte mia…) è ciò che lo tiene in scacco. Anziché far valere dentro di sé la dignità di essere umano, fa prevalere l’orgoglio di valere qualcosa perché ha un potere che gli è stato dato dall’esterno.

Erode è un uomo che innanzitutto fa violenza su se stesso, misconoscendo la sua vera identità più profonda. È convinto che essere umano significa essere fragile, limitato, incapace. E si affanna a nascondere questa sua debolezza usando la prevaricazione. Giovanni gli fa paura perché è un uomo capace di affermare le proprie idee, giuste o sbagliate che siano. Giovanni è un uomo protagonista della sua vita, capace di assumersi la responsabilità del suo pensiero. Giovanni è un uomo che contraddice l’immagine che Erode ha dell’uomo. Giovanni è uomo. Lui no. Allora va eliminato perché la gente non si accorga della sproporzione.

Alla fine, chi ha perso la testa è lui, non Giovanni… Se solo avesse avuto il coraggio di guardarsi dentro, Erode avrebbe scoperto dentro di sé una bellezza inaudita. Forse è proprio questo che gli faceva paura: assumersi la responsabilità di tale bellezza… È sorprendente come di fronte a questo Erode sentiamo rabbia e nello stesso compassione. Forse perché Erode è un po’ la caricatura di noi stessi quando ci svalutiamo e non riconosciamo la nostra vera essenza divina. Grazie Erode per averci mostrato inconsapevolmente la tua debolezza con questo frammento della tua vita. Permetti anche a noi di prendere contatto con la nostra. Così anche la tua vita non è perduta ma partecipa alla costruzione del regno. E sprigiona comunque la sua bellezza per noi. Perché anche noi siamo uomini come te.

Flavio Emanuele Bottaro SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

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