1ª lettura Gen 3,9-15 * dal Salmo 129/130 * 2ª lettura 2Cor 4,13-5,1 * Vangelo Mc 3,20
Con la prima lettura entriamo in un momento drammatico nel cosiddetto Paradiso terrestre. Ormai non è più paradiso, perché l’uomo, Adamo con Eva, ha avuto paura e si è nascosto. Non c’è più luce, non più serenità, non più pace. Esteriormente tutto è come prima: gli alberi e l’erba e gli animali sono quelli di prima, ma è cambiato l’uomo: lui vede tutto in modo diverso.
Gli alberi li vede utili o non utili per il suo nascondersi. Come mai? Cos’è successo? Inoltre la sua anima ha cominciato a notare il proprio corpo, e ne ha avuto ribrezzo. Per questo è fuggito per non farsi più vedere: da chi? Da se stesso anzitutto, pensando di nascondersi pure a quel Dio da cui aveva ricevuto solo amore. Non desidera più coltivare confidenza con lui. Da lui vuole allontanarsi. Tenendosi lontano da lui però la sua paura e la sua vergogna non scompaiono.
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Questo agire di Adamo è lo stesso che vediamo di frequente: quando un uomo o una donna iniziano un percorso proprio, fondato sui propri desideri, e non previsto dagli insegnamenti sapienti della Chiesa di Dio, non riesce o non vuole più partecipare agli incontri dove Gesù è presente.
Dio non gode di questo allontanamento, anzi. Egli cerca l’uomo impaurito: lo vede sofferente, e ne soffre. Prova a chiamarlo, per vedere se risponde. Adamo ha ancora bisogno, anzi, ancor più di prima, di accorgersi d’essere amato. Dio lo chiama con la sua voce, come se non sapesse dove si trova, lui che sa tutto: «Dove sei?».
Il dialogo che segue l’avete sentito. Paura e vergogna cambiano il paradiso in luogo nemico. Da dove vengono la paura e la vergogna? Lo sappiamo: le ha generate il peccato, che si era presentato come una liberazione, come un benessere infinito. La voce che avevano sentito infatti pareva positiva, gentile, convincente, ma era seduzione. Adesso si rendono conto dell’inganno, ma troppo tardi. Hanno dubitato del loro Dio e preferito uno sconosciuto, da cui non avevano ancora ricevuto nulla di buono.
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Quella voce risuona ancora. È entrata nelle orecchie dei parenti di Gesù, ed entra in quelle degli scribi dei farisei. Non è lontana quindi nemmeno da noi. I parenti pensano che il loro Gesù sia «fuori di sé», dal momento che dice di ascoltare sempre il Padre. Escono di casa e si mettono in cammino per andare a prenderlo, se occorre anche con la forza. Nello stesso momento gli scribi sono ancora più espliciti: hanno deciso che i miracoli operati da Gesù sono generati dal nemico dell’uomo, anzi dal capo dei nemici dell’uomo. Sono così sicuri che ne pronunciano persino il nome: «Beelzebul».
Gesù è preparato: i profeti già avevano detto che per gli amici di Dio sono pronte le trappole, le tentazioni: lui però le usa come prove di autenticità. Cerca di far ragionare quegli accusatori, anzi, calunniatori. Se Beelzebul desse a qualcuno il potere e le armi per combatterlo, sarebbe davvero stupido. E comunque, se lo facesse, il suo regno sarebbe finito. L’alternativa è che la facoltà e la forza per combatterlo vengano invece da Dio: allora il suo regno è finito davvero ed è iniziato invece il regno di Dio in questo mondo.
Nessuno può controbattere questo semplicissimo ragionamento.
Come ha fatto il nemico ad entrare nel cuore di un uomo, anzi di un cristiano? Ha cercato di eliminare dal suo cuore la presenza di Gesù facendogli abbandonare i tempi di preghiera, facendogli dimenticare la Parola di Dio, allontanandolo dai momenti di comunione con i fratelli nella fede. Per questo è riuscito ad insediarsi nella vita del credente per dominarlo. Come potranno i discepoli di Gesù vincere il principe di questo mondo che si è annidato nel proprio cuore, nella propria casa o nella propria società?
Gesù vuole aiutarli. Bisogna legarlo, e per legarlo è necessario essere più forti di lui. L’uomo non ha questa capacità, non riesce, e perciò cercherà di tenersi unito al suo pastore. Ogni giorno gli farà posto nel proprio cuore, nella propria famiglia, nella propria piccola società dove vive e dove lavora.
Il credente così vive sempre con fiducia, non in se stesso, bensì in colui che dimora nel suo cuore. Non si lascia scoraggiare nemmeno se vede la propria vita terrena avviarsi verso la morte, quando “il nostro uomo esteriore si va disfacendo”. Siamo certi che nell’intimità con Gesù il nostro uomo “interiore invece si rinnova di giorno in giorno”. Vediamo infatti persone che, man mano invecchiano, paiono ringiovanire. La presenza del Signore Gesù in loro li rende più liberi, più gioiosi, attenti a comprendere tutti, ad avere una capacità di perdono e di compassione immediati. Il peccato scompare dal loro cuore e il nemico è vinto. Si avvicina di nuovo il paradiso terrestre!