Prima lettura 1Re 17,10-16
dal Salmo 145/146
Seconda lettura Ebrei 9,24-28
Vangelo Marco 12,38-44
Quando Gesù Cristo è venuto, ha avuto “relazione col peccato”, con il nostro, e perciò ha dovuto soffrire ed è morto “per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso”. Il peccato ha un’efficacia dolorosa sulla nostra vita sia personale che familiare e sociale, poiché ha la forza della morte. Noi, che siamo peccatori, non abbiamo capacità di sfuggire all’influsso che esso esercita su tutte le nostre facoltà. L’amore del Padre ci dona il Figlio perché, sacrificandosi, ci liberi da quel male cui noi continuamente ci sottomettiamo peccando. Noi, vivendo secondo i nostri ragionamenti e di nostra testa, ci allontaniamo dal Padre. Invece, quando ubbidiremo alla Parola che viene dal suo amore, Gesù, che si offre per noi, ci darà la possibilità di iniziare una vita nuova, che si compie nell’amore del Padre. Alla fine egli ritornerà e “apparirà a coloro che l’aspettano per la loro salvezza” definitiva. Noi attendiamo il manifestarsi del nostro Signore. La nostra vita si riempie di quest’attesa. Attendendo Gesù nella sua gloria il nostro cuore riesce a relativizzare le cose di questo mondo, anche le più belle e attraenti, e a dar loro il valore che viene misurato dall’amore.
L’insegnamento che Gesù vuol dare ai suoi discepoli, chiamandoli per osservare la scena della vedova povera, è preparazione all’attesa della sua venuta gloriosa. Quali sono le cose che valgono a questo mondo? Quali cose possono occupare i nostri desideri e il nostro cuore? Quali realtà possono attirare la nostra attenzione e motivare le nostre scelte?
Il mondo, in cui siamo vissuti e viviamo, continua a dare somma importanza al denaro e al suo potere, che è potere d’acquisto, ma anche potere di dominare, di condizionare la considerazione e la stima degli uomini, delle famiglie e dei popoli. Dappertutto, purtroppo anche nella Chiesa, ci siamo abituati a lasciarci condizionare dal denaro. Facciamo ciò che costa meno denaro, o ciò che fa maggiormente guadagnare denaro.
Gesù invece è capace di guardare il cuore, e quindi di valutare le cose, denaro compreso, a partire dal cuore. La vedova, che egli indica ai suoi come esempio, ha pochissimo denaro, ma il suo cuore è abbandonato al Padre, fiducioso nella sua provvidenza che non lascia mancare il cibo nemmeno “ai figli del corvo che gridano a lui”. Consegnando tutto il suo pochissimo denaro come elemosina, quella donna manifesta la ricchezza del suo cuore, o meglio, quella del cuore di Dio. I due spiccioli che cadono nella cassetta sono molto pesanti nel cuore del Padre: grazie ad essi egli sa di avere una figlia che lo ama, pronta ad obbedirgli, una figlia che lo stima come vero Padre provvidente e generoso.
Le molte monete d’oro versate dai ricchi potevano dare soddisfazione ai sacerdoti del tempio per continuarne la costruzione, ma rallegravano il cuore del Padre?
La vedova aveva già raggiunto lo scopo, benché il Tempio non fosse ancora terminato: ella era giunta alla fiducia e confidenza in Dio, a riconoscerlo fondamento della sua vita, ad essere sicura del suo amore. L’oro dei ricchi non lasciava scorgere il volto di Dio; egli da quel tintinnio non era annunciato come Padre provvidente.
Persino il grande Elia si era rivolto ad una vedova povera per avere da Dio l’aiuto per vivere, sicuro che in quella povertà fiduciosa si faceva presente e operante il Dio della vita.
La nostra attesa di Gesù ci orienta a non attaccarci alle cose del mondo: se ne abbiamo, le mettiamo a disposizione dell’amore del Padre per tutti i suoi figli. Ci aiuteranno a diffondere il regno di Dio in tutti gli angoli del nostro cuore e in tutti gli ambienti che ci circondano.
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