Prima l. Malachia 1,14 – 2,2.8-10 dal Salmo130 Seconda lett. 1Tes 2,7-9.13 Vangelo Matteo 23,1-12
“Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome…”. Qualcuno è tentato di pensare che queste parole non siano degne di Dio; gli pare esprimano vanagloria o siano minacciose. Ma che cosa significa «dar gloria al nome di Dio»?
Chi conosce la Bibbia sa che Dio riceve gloria dall’uomo che gli ubbidisce; chi ubbidisce a Dio ama i poveri, l’orfano e la vedova, coltiva la giustizia, l’amore e la concordia, osserva i comandamenti, che esigono un grande e generoso rispetto del prossimo. Dare gloria al nome di Dio è far vedere, con la propria vita e con la vita della propria famiglia e della società, che Dio è amore, è misericordia, vuole comunione e partecipazione, è amico dell’uomo. Chi non vive queste realtà non può dirsi appartenente al popolo di Dio: darebbe falsa testimonianza di lui, lo farebbe conoscere come ingiusto, violento, egoista. Se sai d’essere creato dall’unico Dio che ha creato tutti gli uomini, perché agire con perfidia l’uno contro l’altro? Dio vuol far comprendere la gravità della situazione di chi ignora l’amore del prossimo dicendo: “Manderò su di voi la maledizione…”. È un’espressione forte ed incisiva. Nessuno rimarrà fermo nel proprio errore dopo aver udito un’affermazione simile.
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L’ammonimento trasmesso da Dio tramite il profeta Malachia è indirizzato soprattutto ai responsabili del popolo, i sacerdoti. La loro vita è particolarmente osservata dai poveri, che vi trovano l’esempio concreto per un comportamento gradito a Dio.
Gesù, nel brano odierno del Vangelo, continua sulla linea profetica, mettendo in guardia la gente dal comportamento di chi dovrebbe insegnare la sapienza di Dio. Questi erano gli scribi e i farisei. A parole insegnavano bene, ma con la loro vita facevano vedere altro. Perciò il Signore disse: “Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo; ma non fate secondo le loro opere…”. Oggi il pensiero di molti va ai vescovi e ai sacerdoti: sono essi che insegnano le vie di Dio, sono essi che, uomini come sono, talora non danno l’esempio corretto, non vivono secondo il Vangelo. È vero: anch’essi sono e restano uomini deboli, fragili, tentati dal maligno. Non ti meraviglierai di trovare anche nella vita di qualcuno di loro delle debolezze, delle disobbedienze, delle incongruenze con quanto vanno giustamente insegnando.
La parola di Gesù però si rivolge a te: vivrai tu secondo l’insegnamento del Vangelo, anche se il sacerdote che l’annuncia non ne è ancora capace. Le sue parole hanno l’autorità divina. Vivrai tu in sintonia con le parole sante di Dio, e sarai tu stesso una luce, una stella che accompagna col tuo esempio anche gli altri alla vera fonte della vita.
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Ai discepoli Gesù insegna la via dell’umiltà, l’unica via che tiene l’uomo saldo nel cuore di Dio. Non ritenerti più degli altri. Non pretendere titoli onorifici, non cercare la strada della vanagloria. Gesù non ti impedisce di chiamare “padre” una persona che ti ha trasmesso o ti sta trasmettendo la vita divina ed eterna; egli ti suggerisce di non cercare la tua gloria in un titolo. Io vorrei essere chiamato sempre col nome del mio battesimo, ma se qualcuno si rivolge a me chiamandomi “padre” non glielo impedisco: a lui può essere utile per mantenere viva la coscienza della propria obbedienza e umiltà al Padre dei cieli.
Le parole di Gesù sono illuminate dall’esempio di San Paolo. Ai Tessalonicesi egli scrive con tenerezza e affetto ricordando il proprio lavoro in mezzo ad essi. Egli li ha amati trasmettendo loro il vangelo, ha faticato ed è stato amorevole con loro, s’è fatto loro esempio di vita cristiana.
Le parole di Paolo potrebbero essere ripetute da molti parroci e vescovi, che sono tuttora d’esempio anche con la propria vita evangelica. Molti sono i sacerdoti che hanno preso sul serio le parole di Gesù e non le hanno trascurate. E sono pure moltissimi i fedeli che, come i Tessalonicesi, hanno accolto e stanno accogliendo la loro parola “non quale parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio”. Bella è la Chiesa di Dio, popolo che vive la sapienza del Padre e gli dà gloria.