Iª lettura Gb 7,1-4.6-7 dal Salmo 146 IIª lettura 1 Cor 9,16-19.22-23 Vangelo Mc 1,29-39
Quando Gesù viene nel mondo sembra che ad attenderlo ci sia una serie infinita di guai. Gli vengono trascinati davanti i malati, e quei malati che possono, corrono verso di lui. Uomini e donne, malati e sani, tutti sono in attesa della sua venuta, della sua presenza, di una sua parola, di un suo tocco.
Tra i malati, molti sono indemoniati: chi sa cosa significa? Sono persone nel cui animo, in alcuni momenti, non regna lo Spirito Santo con i suoi frutti e i suoi doni: in essi compare invece l’impazienza, l’impurità, la superbia, la lamentela, la paura del futuro o la paura del passato, la paura di Dio e la paura degli uomini, la vanità o l’orgoglio, la soggezione o il sospetto, l’invidia degli altri e la gelosia del loro bene, e altri spiriti ancora, dai quali scaturisce ansia e sofferenza per sé e per gli altri.
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Sono tutti segni della presenza di spiriti immondi o del demonio, che vuole disturbare e distruggere le persone e impedire loro di manifestare la somiglianza a Dio, di essere ciò per cui sono state create.
Giobbe, con le sue parole, ci dà un’idea di quanta sofferenza regni nel mondo: “A me sono toccati mesi di illusione e notti di affanno” e “I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza”. Le persone sofferenti a causa di questi spiriti, presenti in sè o nei propri vicini, attendono un salvatore, il liberatore. Ecco, Dio lo ha mandato!
Gesù esce da quella sinagoga nella quale ha liberato un uomo da uno spirito ribelle e violento, capace sì di riconoscere la santità di Gesù, ma non di accoglierlo e di amarlo. Anzi, voleva impedire ai convenuti per la preghiera di stimarlo e ascoltarlo. Vedendo come il Signore lo ha liberato, i suoi discepoli acquistano fiducia, e lo accompagnano nella casa vicino alla suocera di Simone, febbricitante, e quindi impedita nel suo servizio quotidiano. Egli, senza paura di divenire immondo al contatto con una persona malata, la tocca. La sua mano è santa, e il suo tocco fa sparire la causa dell’immondezza, fa sparire la malattia.
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Quella donna non si sente “guarita”, ma resa capace di “servire”. La salute per l’uomo è infatti la capacità di essere a servizio, e in particolare di servire Gesù. Di conseguenza, “tutta la città” accorre, portando a Gesù tutte le proprie sofferenze: egli non delude nessuno.
Ma Gesù è venuto solo per guarire dalle malattie? Nella notte egli si mette in ascolto del Padre: è lui la sua vita. Se il Padre è la vita per lui, lo sarà anche per tutti gli uomini. Nell’intimità col Padre scopre che oltre alla liberazione dalle malattie e dagli spiriti immondi l’umanità ha un’altra necessità, molto più urgente. Gli uomini sono senza speranza perché non sanno che il Regno di Dio è iniziato, non sanno che lui, Gesù, è il Re che li può guidare, è il Re del Regno atteso. È necessario che egli, Gesù, si faccia conoscere perché tutti vedano il re del Regno, e così possano seguirlo e imparare da lui la vita che ama. Chi viene guarito dalle malattie e dagli spiriti sarà in grado di amare. Per questo si farà suo discepolo.
È ciò che ha compreso anche San Paolo, dopo aver incontrato Gesù risorto. Oggi ci dice con grande forza la sua volontà di annunciare il Vangelo, la notizia formidabile che il Regno è iniziato, che il Re è presente, che noi lo possiamo servire. Per San Paolo predicare il Vangelo è vita, è importante come il respiro. Egli ne ha fatto lo scopo del suo esistere, e lo vive con gratitudine, come fosse la ricompensa per la fatica che incontra nel continuare ad annunciare la buona notizia a tutti e in ogni luogo.
Fossi capace anch’io di fare del Vangelo lo scopo della vita! Non ci sarebbe più spazio per quei sentimenti lamentati da Giobbe, scoraggiamento e tristezza.
Il Vangelo, quando lo annunciamo, ci rende testimoni di Gesù risorto, testimoni della sua presenza oggi, portatori della sua vittoria sulla morte. “Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe anch’io”! Io, prima di tutti, sarò nella gioia!