Prima lett. Deuteronomio 6,2-6
dal Salmo 17/18
Seconda lett. Ebrei 7,23-28
Vangelo Marco 12,28-34
Uno dei segni di riconoscimento del Messia è il fatto che egli “fa udire i sordi”. C’è una sordità materiale, per cui non si percepisce alcun rumore, ma c’è una sordità più profonda, spirituale, per cui non badiamo alla Parola di Dio, a quella Parola che ci viene rivolta con amore per la nostra salvezza. Da questa sordità è possibile guarire solo se e quando noi lo vogliamo. Ecco che ritorna spesso in tutte le Scritture l’invito, a volte comando: “Ascolta”. Oggi lo sentiamo risuonare ben due volte nel breve passo del libro del Deuteronomio. Mosè invita il popolo ad ascoltare con il desiderio di eseguire quanto viene udito. La Parola che Dio rivolge al popolo è fondamentale, è fondamento della sua vita.
Gesù stesso riprende questo invito di Mosè e lo fa risuonare agli orecchi dello scriba che gli chiede qual è il primo dei comandamenti. Sembra quasi che il comandamento sia: «Ascolta». Ascoltare è fondamentalmente un atto d’amore. L’importanza è data dal fatto che amare è la vita di Dio stesso.
Chi non ama non ascolta, e chi ama cerca di approfondire sempre più il suo ascolto, di renderlo sempre più attento, disponibile, immediato.
Chi ama, ascolta in modo che colui che gli parla sia aiutato ad esprimersi e a manifestare tutti i suoi desideri e tutta la sua sapienza.
Chi ama ascolta pure con il desiderio di realizzare la volontà della persona amata. Così è l’ascolto tra i coniugi, così l’ascolto dei figli e dei genitori. Così è pure l’ascolto di Dio.
Dio stesso è contento che noi ci esprimiamo con lui, e perciò Gesù ci rivolge l’invito: “Bussate, e vi sarà aperto”, come per dire che Dio è pronto ad ascoltarci e a realizzare quanto gli chiediamo. Ma anche noi vogliamo ascoltare Dio in modo da permettergli di manifestarci i suoi desideri. Sappiamo che egli è sapiente, che ci ama, che conosce persino il nostro futuro e le conseguenze più lontane e più complesse delle nostre azioni, e perciò desideriamo la sua parola come indicazione sicura per il nostro cammino e per le nostre azioni. Per questo l’invito “ascolta” diventa un tutt’uno con la sua continuazione: “Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore…”.
Chi ascolta è già sulla strada dell’amore. Chi ascolta sta già dando un avvio vero e concreto al proprio amore. Amore non è una serie di sentimenti da godere e sentire, ma amore è concretezza di azione, di disponibilità, di offerta del proprio tempo e delle proprie energie, della propria vita. Amerai il Signore Dio tuo! E Gesù aggiunge: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Chi ama Dio, cioè chi lo ascolta, continua ad ascoltare anche il prossimo, perché Dio può parlargli anche attraverso gli uomini che incontra nel suo cammino.
L’amore avvicina al regno di Dio. Gesù dice proprio così allo scriba che comprende le sue parole: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E noi ci chiediamo: amare, non basta? Per entrare nel Regno di Dio, che cosa è necessario oltre all’amore? L’amore ci avvicina al Regno, ma non è sufficiente.
Ci viene in aiuto la lettera agli Ebrei. Noi non entriamo nel Regno di Dio con le sole forze nostre, nemmeno con la forza del nostro amore. Noi entriamo nel regno di Dio grazie al sacrificio di Gesù, sommo sacerdote santo e innocente, che offre al Padre se stesso. Il nostro amore ci avvicina a Dio, ma per raggiungerlo dobbiamo accogliere il Figlio che egli ci ha mandato, dobbiamo unirci alla sua offerta, che è senza macchia, perfetta.
Allora cercherò anzitutto di ascoltare Gesù, di amare lui, di metterlo al di sopra di tutto e di tutti. Quest’amore darà il colore e l’intensità necessaria anche all’amore al Padre e all’amore al prossimo. Quando amo Gesù, sia Dio sia il prossimo si sentono amati da me!
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