Iª lettura Sir 35,12-14.16-18
dal Salmo 33
IIª lettura 2Tm 4,6-8.16-18
Vangelo Lc 18,9-14
“La preghiera dell’umile penetra le nubi”! Queste parole ci incoraggiano a continuare il cammino di fede, nonostante le numerose sofferenze che vorrebbero abbatterci, deprimerci, toglierci le forze. Le sofferenze ci sono, ci sono tutte quelle descritte nel libro del Siracide, e quelle che ha sopportato San Paolo, e poi ce ne sono ancora molte che non possono nemmeno esser definite.
L’apostolo è stato abbandonato da alcuni suoi discepoli, che hanno preferito tornare alla vita del mondo e rinnegare la fede. Sofferenza più grande non potrebbe esserci per chi vive tutto proteso a Gesù. Egli ha visto così vanificarsi molte fatiche sopportate e speranze nutrite. Quando uno abbandona la fede è come morisse: con lui non ti puoi più confidare, da lui non hai più sostegno e conforto. Addirittura da lui non ti puoi più aspettare un aiuto spirituale, e spesso nemmeno materiale. Di lui non ti puoi più fidare fino in fondo.
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Questo è vero, perché chi abbandona Gesù e si allontana dalla sua Chiesa non ha più Spirito Santo, lo Spirito di comunione che ci rende fratelli gli uni per gli altri. Non ci sarà in lui più nemmeno il frutto della fedeltà, né quello della misericordia né quello della mitezza. Oggi questa sofferenza dell’apostolo viene condivisa da molti parroci, e, in modo forse più intenso, da molti genitori e nonni. Che cosa fare? Preghiera umile, ci dice oggi il Signore stesso in vari modi. Continuare a pregare, continuare cioè a stare rivolti al Padre, perché egli non ha progetti di male, anzi! È dalla preghiera che San Paolo riceve forza per continuare la sua testimonianza nella prigione, sostenuto ormai solo da pochi discepoli fedeli.
Come dev’essere la preghiera? Gesù non finisce mai di insegnarci a pregare, perché noi, nel nostro rapporto con Dio, non lo raggiungiamo mai! Oggi la sua scuola di preghiera si arricchisce di un particolare importante. Talora crediamo che per essere ascoltati da Dio dobbiamo essere perfetti, o santi, pensiamo che, dato che siamo peccatori, Dio non possa o non voglia ascoltarci.
Ecco cosa dice Gesù: Dio, il Padre, è contento di vedere davanti a sè i peccatori, e li rende giusti, quando essi si riconoscono bisognosi della sua misericordia. Per aiutarci a comprenderlo ci regala un racconto nel quale ci presenta due persone in preghiera. Subito comprendiamo cosa egli pensi: non basta formulare belle frasi da rivolgere a Dio, perché ciò che conta è il cuore. Dio continua a osservare il cuore dell’uomo. Se nel cuore c’è accusa e condanna degli altri, la preghiera che esce da quel cuore non è preghiera, ma orgoglio che colpisce il cuore di Dio allo stesso modo delle bestemmie. Se nel cuore c’è voglia di vantarsi, gloriarsi, farsi vedere, quel cuore diventa ripugnante a Dio. Quando preghiamo faremo attenzione al cuore. Desideriamo ciò che desidera il Padre? Il Padre desidera vedere in noi il suo stesso amore per gli uomini, un amore compassionevole e misericordioso.
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Prima di tutto nella preghiera vera ci accorgeremo di essere ancora distanti da Dio, e chiediamo perciò che egli stesso si avvicini a noi con il suo perdono. La stessa cosa la possiamo chiedere per i nostri fratelli, anche per quelli che manifestamente sono lontani dall’osservanza dei comandamenti e dalla comunione del popolo di Dio.
Quando la nostra preghiera non ci fa crescere nell’umiltà, hanno ragione quanti ci criticano e ci disprezzano dicendo che la preghiera ci fa perder tempo. I momenti di preghiera saranno occasioni in cui cresce la consapevolezza di essere peccatori, e, di conseguenza, la nostra misericordia per tutti gli uomini: allora il nostro pregare raggiunge lo scopo, la nostra trasformazione e la nostra comunione con il Padre e col Figlio suo!