Iª lettura 2 Sam 5,1-3
dal Salmo 121
IIª lettura Col 1,12-20
Vangelo Lc 23, 35-43
Oggi le letture mettono in evidenza la parola “regno”. Cominciamo con l’osservare il regno di David per passare al regno di Cristo e di Dio. Davide viene unto re “davanti al Signore”. Egli dovrà sempre ricordare di essere, come re, a servizio di Dio per il popolo: non potrà quindi emanare leggi nè a proprio favore, nè per accontentare le voglie dei ricchi o quelle dei peccatori. Il re che sta a servizio di Dio terrà sempre presenti i suoi comandamenti, altrimenti condurrà il popolo al disordine, alla confusione, alla rovina. Il regnare dell’uomo dovrà essere espressione del regnare di Dio: è lui l’unico cui gli uomini possono e devono ubbidire. Davide comincia con queste buone e belle intenzioni, e gli uomini che lo proclamano re sognano la stessa cosa. Ma Davide è un uomo, e l’uomo è soggetto alla tentazione: riuscirà a vincerla? Dobbiamo dire di no.
Riuscirà soltanto colui che sarà chiamato suo Figlio, il portatore della promessa divina, colui il cui Regno resterà per sempre. Sì, Gesù vincerà la tentazione, prima nella solitudine del deserto e in varie situazioni difficili, e poi in modo definitivo la vincerà sulla croce.
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I soldati che lo deridono gli dicono: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». «Salva te stesso» glielo dicono tutti: i capi, i soldati, e gli altri condannati. Questo è l’atteggiamento di tutti gli uomini, che esprimono così il loro egoismo: salvare se stessi! Per salvare se stessi gli uomini sono disposti anche a far soffrire gli altri, e persino ad obbedire a Satana. Questa è l’idea che gli uomini hanno del re: uno che salva se stesso. E infatti noi vediamo come coloro che vengono messi in posti di potere cercano anzitutto di sistemarsi per bene.
Gesù, sofferente in croce, ascolta quelle proposte come altrettante bestemmie. Egli è salito in croce per salvare gli altri, per salvare noi dall’egoismo e dai suoi frutti. Per questo noi godiamo di chiamarlo re, e di ubbidirgli con gioia e con amore.
Noi ci uniamo al ladrone che, pur non avendo mai visto i suoi miracoli, ha cominciato ad amarlo proprio mentre, in silenzio, rifiutava la tentazione di salvare se stesso. Anche noi quindi gli diciamo: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Noi non dubitiamo della sua regalità: egli rappresenta per noi l’autorità di Dio, perché ci raggiunge tutti con l’amore del Padre. Sulla croce non vediamo la gloria umana e passeggera dei regni terreni, ma sul suo volto possiamo vedere quell’amore che non abbiamo mai ricevuto e che abbiamo sempre sognato.
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Egli si ricorda di noi, vinti dalla tentazione, come il ladrone. Questi non poteva dire a Gesù: ricordati di me perché ti ho seguito, perché ti ho ascoltato o ti ho ubbidito. Gli poteva dire solo: ricordati di me perché sono un bisognoso, non sono mai stato capace di amare davvero, ho sempre cercato di salvare me stesso anche a costo di far soffrire gli altri con le mie pretese. Ricordati di me che non ho nessun dono da portare con me nell’al di là, dove nessuno mi attende. Ricordati di me che ho le mani vuote, e nel cuore soltanto brutti ricordi.
E Gesù? Gesù ascolta come un vero re. Come un re egli promette le cose più belle. Gesù diventa bello per questa sua promessa: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Gesù non salva se stesso, ma salva noi, donandoci una speranza che va oltre il pensabile. E il suo volto diventa il più bello. In questo momento nessuno è più amabile di Gesù, nessuno è più re di lui, anche se la sua corona rimane insanguinata e pungente. In questo momento Gesù è la porta del cielo, ci apre il regno più bello e più duraturo, quello del nostro Dio e Padre! Grazie, Signore Gesù!