Fraternità Gesù Risorto – Commento al Vangelo di domenica 20 Marzo 2022

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Le notizie di cronaca nera non spaventano Gesù. Egli sa che nel mondo succedono molti fatti che fanno soffrire, molti fatti che ci terrorizzano e pongono interrogativi al nostro cuore. Spesso la paura della morte e quindi il nostro peccato ci fanno sorgere domande cui rispondiamo giudicando gli uomini o Dio stesso. Perché quella disgrazia? È un castigo? Se la sono meritata? Come mai Dio è tanto ingiusto da permettere che soffrano dei bambini senza colpa? Perché Dio non ferma la mano dei delinquenti e dei violenti?

Domande e risposte che alimentano nuovi interrogativi, osservazioni che non rappacificano l’uomo. Pilato aveva fatto uccidere degli uomini mentre offrivano i loro sacrifici a Dio: chissà per quali delitti Dio li ha puniti, se ha permesso che muoiano in quel modo e in quel momento! Essi erano come Gesù, Galilei, eretici per i Giudei. Gesù ripete l’osservazione per i diciotto che erano rimasti sotto il crollo di una torre, e non erano eretici, erano Giudei. Questi interrogativi vengono perché noi siamo abituati a guardare al passato, l’unica realtà che presumiamo di conoscere. Dio conosce anche ciò che a noi è nascosto, persino il futuro: Gesù lo sa, e perciò si limita a dare una risposta che tenga conto di ciò che dovrà accadere a noi. Gli altri non li possiamo giudicare, dobbiamo solo fare in modo da non meritare il giudizio che noi siamo pronti a formulare contro di loro.

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

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Per noi stessi, se continuiamo a vivere così come siamo abituati, come ci piace, seguendo i nostri impulsi, la morte sarà una disgrazia, un castigo. La morte di quelli che sono stati uccisi e di quelli che sono stati sepolti sotto le macerie è un avvertimento per noi. Non giudichiamo la loro vita, ma stiamo attenti alla nostra. “Se non vi convertite…”: noi abbiamo la possibilità di un cambiamento, possiamo aderire a lui, a Gesù, e allora tutto cambierebbe: la vita, compreso il momento della morte, avrebbe un nuovo traguardo, un nuovo significato. Accogliendo Gesù la nostra vita porterebbe frutto, darebbe gioia a Dio, sarebbe collaborazione al suo disegno di salvezza per gli uomini che opprimono e per quelli che sono oppressi. Gesù continua così a ripeterci quanto aveva detto all’inizia della sua predicazione: “Convertitevi e credete nel vangelo”.

La prima lettura di oggi ci racconta la chiamata di Mosè attraverso la voce che arrivava dal roveto ardente. Essa ci lascia vedere lo scopo della venuta e della presenza di Gesù: come Mosè doveva liberare il popolo dalla sofferenza della schiavitù, così Gesù deve liberarci tutti dalla sofferenza e dall’oppressione del peccato che travolge l’umanità.

Come Mosè aveva bisogno di collaboratori, così Gesù.

Noi perciò ci disponiamo non solo ad accogliere la salvezza, la gioia, la vita nuova, ma ci mettiamo pure a disposizione del Signore. Ci disponiamo a rispondere alle sue chiamate tenendo conto che è lui che conosce il nostro bene, che vuole la nostra beatitudine, che ci dona pienezza di vita facendoci partecipi del suo amore e del suo amare. Egli ci chiama a realizzare il suo regno: saremo pronti a vivere le regole di questo regno nuovo, dove lui è il re?

Tutto ciò che Dio ha operato nella storia del suo popolo ha il significato di rivelare a noi chi è Gesù. In tal modo dobbiamo leggere gli avvenimenti del passato: la nube, il mare, la manna, la roccia da cui scaturì l’acqua, sono segni comprensibili solo alla luce della vita del Signore morto e risorto. Noi siamo sempre deboli e bisognosi di lui: gli stiamo perciò uniti, altrimenti cadiamo nel vuoto. “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”, ci esorta l’apostolo.

Staremo in piedi, cioè vivi nella fede, e la nostra fiducia nel Padre sarà fonte di vita e di gioia per molti. Gesù ha aggiunto anche una parabola per aiutarci. Una pianta di fico da tre anni produce solo foglie. Sarebbe da tagliare, ma il servo intravvede ancora una possibilità. Si può provare a zappare e concimare, e chissà! È facile da capire: i tre anni della presenza del Figlio di Dio non sono bastati per molti. Chissà se, aggiungendo la fatica della Chiesa e la sua testimonianza, cioè un altro tempo di amore impegnativo, il mondo si convertirà! Coloro che cercano la propria soddisfazione tra le foglie di molte cose inutili, troveranno nutrimento, troveranno il frutto che la nostra conversione a Gesù produce.


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