1ª lettura Lv 19,1-2.17-18 dal Salmo 102 2ª lettura 1Cor 3,16-23 Vangelo Mt 5,38-48
Dio incarica Mosè di dire al popolo una parola che mai nessuno si sarebbe aspettato. Dio ha dato i suoi comandamenti non per la mania di farsi ubbidire e quindi di esercitare un’autorità sul popolo di Abramo, ma per rivelarsi attraverso di esso a tutti gli altri popoli della terra. Chi ubbidisce a Dio diventa come lui, diventa cioè capace di amare e di diffondere amore come egli lo diffonde. Per questo il comandamento che riassume tutti i comandamenti è proprio: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”. E poi spiega come questa santità si sviluppa: non lasceremo posto nel cuore nè all’odio nè alla vendetta e nemmeno al rancore, “ma amerai il tuo prossimo come te stesso”. L’amore al prossimo, anche al prossimo capace di odiare, è il manifestarsi della santità, della santità di quel Dio che ci guida.
Gesù sviluppa questo insegnamento abbozzato nel libro del Levitico, e lo esemplifica tre volte. Fa l’esempio dello schiaffo, del furto e della pretesa. Ci può essere chi ti colpisce, chi ti vuol fare ingiustizia derubandoti col sostegno della legge, chi pretende da te fatiche gratuite. Queste azioni normalmente suscitano nei cuori degli uomini pesanti reazioni.
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Nel cuore del discepolo invece che cosa succede? Egli vuole essere manifestazione dell’amore di Dio, cioè portatore della sua santità, e perciò non si lascia cambiare il cuore, non si lascia influenzare da queste malvagità. Il maligno vorrebbe che anche tu diventassi malvagio come lui, ma il Signore vuole che tu adoperi queste situazioni per manifestare la sua santità. Sono occasioni preziose che puoi usare per dare la tua testimonianza alla bontà di Dio. Così chi ti vede, vedrà un aspetto della sapienza e della gratuità dell’amore del Padre.
Gesù dona altri suggerimenti: “Pregate per quelli che vi perseguitano”. Il cuore del figlio ama come ama il Padre. Il Padre ama buoni e cattivi, li ama per attirare a sè il loro cuore e trasformarli. In tal modo anche a noi è concesso e domandato di amare senza prima assicurarci di essere considerati e amati. Noi dobbiamo amare non per rispondere ad atti di amore, ma perché siamo figli di Dio!
L’esortazione di San Paolo è del tutto in linea con questi insegnamenti: noi siamo tempio di Dio e in noi abita il suo Spirito. Ogni nostra azione rispetterà questa realtà e la manifesterà. Non possiamo ragionare come ragiona il mondo, che dice che bisogna usare astuzia per non farsi pestare i piedi. La nostra astuzia non sta nel farci grandi nel mondo, bensì nell’essere agnelli, nel vivere la mitezza e la bontà in ogni situazione, anche quando gli agnelli si trovano tra i lupi. Non staremo seduti su due sedie: o cechiamo di piacere al mondo e gli facciamo concorrenza, o svolgiamo il nostro compito di manifestare il cuore del Padre e la bellezza del suo amore fino al punto da subire anche noi la croce per mano degli uomini.
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Ripetiamo la preghiera di oggi, che condensa in poche parole il nostro desiderio di essere nuovi davvero: O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce hai rivelato la forza dell’amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e spezza le catene della violenza e dell’odio, perché nella vittoria del bene sul male testimoniamo il tuo vangelo di pace.