Iª lettura Ger 31,31-34 dal Salmo 50 IIª lettura Eb 5,7-9 Vangelo Gv 12,20-23
Siamo ormai vicini alla Pasqua, al momento cioè in cui rivivremo, unendoci a Gesù risorto, la grazia del nostro Battesimo. La Parola di Dio ci rende coscienti della serietà di questo fatto. Esso è davvero il venire inseriti nella santità di Gesù, nella sua divinità, e ciò comporta l’essere partecipi pure della sua via della croce.
È nel suo sangue infatti che viene conclusa l’alleanza nuova con Dio, quella che durerà in eterno e che nemmeno il peccato e il tradimento dell’uomo riuscirà a rompere. Geremia ce la descrive come una partecipazione da parte nostra alle intenzioni di Dio: la sua Legge non la sentiremo come dataci dall’esterno, ma dimorerà in noi, poiché riceveremo il suo santo Spirito. E la nostra vicinanza a lui avrà come frutto il perdono dei nostri peccati.
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I nostri peccati sono il movente della preghiera e della sofferenza di Gesù. Egli è morto per i nostri peccati: ciò significa sì che essi hanno provocato la sua morte, ma anche che egli ha accettato di morire per liberarci dal loro effetto mortale su di noi. Grazie alla sua morte egli è “causa di salvezza eterna” per chi gli ubbidisce, per chi cioè condivide il suo amore a Dio e agli uomini.
Nella mentalità che oggi si diffonde e agisce nel mondo si ignora il peccato. La conseguenza che ne deriva è che non si apprezza il valore della vita e della morte di Gesù, ed egli viene visto solo come un uomo sapiente e buono, che può dare qualche insegnamento e qualche esempio, ma nulla più.
Ascoltando la Parola di oggi siamo aiutati a vedere con estrema serietà la nostra vita, bisognosa di salvezza. Se Gesù non fosse morto e risorto, noi saremmo in balia di noi stessi, delle nostre capacità, che hanno ben poca forza di fronte al nemico della nostra vita. Gesù, entrando nella morte, l’arma del nostro nemico, lo ha vinto, perché ha riempito lo spazio e il tempo della morte con la propria vita, con la propria luce, con il proprio amore.
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Il morire per Gesù è stato l’essere glorificato, l’occasione cioè per rivelare a tutti che in lui agiva la grandezza e la potenza dell’amore di Dio. Innalzato sulla croce, Gesù ha attirato gli sguardi degli uomini, di tutti, ebrei e pagani: è quello il momento fondamentale della loro salvezza. Per questo Gesù annette un’importanza profetica al fatto che dei greci, cioè dei pagani, stiano cercando di incontrarlo, di vederlo. Questa ricerca è segno che per lui è giunto il momento di salire sul suo trono, sulla croce, per consegnare al Padre la sua vita vissuta in questo mondo.
Egli realizza così l’atto d’amore più grande: il luogo dov’egli compie tale offerta è il luogo della sua gloria, il trono della sua regalità. Gesù ne è pienamente cosciente, e per questo, da una parte sente nella sua anima il turbamento tanto da essere tentato di chiedere al Padre di poter evitare quell’ora, d’altro canto egli sa che questa è la strada che deve percorrere per compiere la missione per cui è stato mandato, quella di vincere “il principe di questo mondo”. Egli chiede perciò al Padre con decisione che glorifichi il suo nome attraverso l’offerta della propria vita.
Il Padre, facendo udire una voce dal cielo, assicura che l’offerta di Gesù è accolta. A questo suo atto d’amore partecipano i suoi discepoli, quelli che lo vogliono seguire e servire.
Vivendo il nostro battesimo noi ci uniamo a Gesù, per offrirci, e saremo uniti con lui anche per godere il premio eterno del Padre, la vita e la gioia senza fine!