Iª lettura Is 61,1-2.10-11 dal Salmo Lc 1,46-50.53-54 IIª lettura 1Ts 5,16-24 Vangelo Gv 1,6-8.19-28
Continuiamo da osservare e ascoltare Giovanni il Battezzatore. Oggi ci viene presentato come testimone. La sua vita e la sua parola sono testimonianza per colui che è il profeta, la luce, il Cristo, e lo Sposo! Dalle risposte che egli dà agli investigatori inviati dai Giudei di Gerusalemme per controllarlo, possiamo intuire che egli vive per Gesù, perché sa di essere mandato da Dio stesso affinché Gesù sia conosciuto, accolto e seguito.
L’importanza di Giovanni è un’importanza che dipende da quella ben superiore di colui che egli annuncia. Giovanni non cerca la propria gloria, o la propria affermazione, non vuole oscurare nemmeno un po’ la luce ci colui che è “il sole che sorge dall’alto”. Egli è così prezioso esempio per noi: come discepoli di Gesù, tutto quello che facciamo, lo vogliamo fare per la gloria del nostro Maestro e Signore, non per essere noi stessi ammirati, applauditi e riconosciuti dagli uomini, per essere ritenuti grandi o importanti.
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Questa è l’umiltà dei veri santi, come quella di Maria Ss.ma e di tutti gli apostoli: essi hanno ritenuto la propria vita un servizio a Dio, che è servizio a tutta l’umanità che Dio vuole custodire, amare e salvare. Non c’è vocazione più grande di questa, proprio come Maria stessa ebbe a dire: “Ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
Giovanni perciò gode di poter dire di non essere lui il Messia, e nemmeno il profeta, nessuno di coloro di cui i suoi interlocutori temevano si arrogasse il titolo. Gioia di Giovanni è essere servitore, poter parlare di Gesù, annunciarlo presente, preparare la sua venuta nei cuori degli uomini, in particolare di coloro che riescono a riconoscersi peccatori.
È su di lui, infatti, come dice il profeta Isaia nella prima lettura, che riposa lo Spirito di Dio, quello Spirito che consacra e rende capaci di compiere l’opera di Dio, opera risanatrice e liberatrice: “Mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà agli schiavi”.
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Già Isaia annuncia la gioia, quella che Giovanni mostra ai peccatori pentiti che accorrono a lui, quella gioia che poi l’apostolo San Paolo vuol vedere esercitata dai cristiani. L’esortazione che egli rivolge ai Tessalonicesi comincia proprio così: “Siate sempre lieti”.
Noi ci chiediamo: com’è possibile essere lieti in un mondo che ci fa vedere e ci procura il male e la sofferenza, la violenza e la sopraffazione ad ogni piè sospinto? Ecco la ricetta della gioia: “Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie”.
La preghiera riempita sempre di riconoscenza al Padre è fonte di gioia, di quella gioia che non gode delle cose che passano, ma dell’amore di Dio, dell’obbedienza di Gesù, della luce e della consolazione dello Spirito.
Il prefazio della Messa viene quasi sempre introdotto dalle parole: “E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, … per Cristo nostro Signore”. È vero, è fonte di salvezza, e quindi di gioia, rendere grazie! Gode Dio stesso quando lo ringraziamo, e la sua gioia si riflette nel nostro cuore.
Ci prepariamo ad accogliere e celebrare il nostro Salvatore esercitandoci nella gioia, ringraziando continuamente il Padre per lui e perché noi possiamo essere i suoi servi e i suoi testimoni.