Iª lettura Is 55,10-11 dal Salmo 64 IIª lettura Rm 8,18-23 Vangelo Mt 13,1-23
Il profeta Isaia ha osservato la pioggia che scende dall’alto e ha visto crescere il grano nei campi, quel grano che serve agli uomini per vivere. Il suo pensiero però era rivolto a quella Parola che Dio gli aveva consegnato da far udire al popolo d’Israele. Anche quella Parola viene dall’alto, e anch’essa non viene inutilmente, ma viene per portare frutto, per realizzare i desideri e i progetti di Dio!
Da questa visione di Isaia prende le mosse Gesù per continuare la riflessione che oggi offre a noi. Il seme scende dall’alto sul campo. Esso scende grazie al lavoro di un seminatore che semina con generosità e con piena fiducia. Il campo non è omogeneo: in esso vi sono sentieri e sassi, vi crescono spine e cardi. Il frutto che si potrà raccogliere sarà offerto soltanto dalla terra buona. Chi ascolta Gesù non è abituato a trasferire l’osservazione materiale alla vita spirituale. Lui stesso perciò ci aiuta.
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Non tutti gli uomini vogliono capire, perché non tutti vogliono ascoltare Dio, che certamente propone dei cambiamenti nel modo di vivere e di pensare. Chi vuol rendersi disponibile a Dio per amarlo, ecco, questi veda che il lavoro del seminatore è il lavoro di Gesù. È lui che distribuisce a tutti la Parola, anche ai peccatori, a chi non è capace di osservare le leggi come le osservano i farisei, con una fiducia rivolta non al campo, bensì al seme stesso. Gesù ha fiducia nella potenza della Parola, non nella bontà dell’uomo. Egli sa che l’uomo è incapace di offrire a Dio gioia e consolazione. Questo lo farà quella Parola che resterà viva nel suo cuore!
Gesù semina, parla a tutti. Si vedrà dopo quale è il terreno buono. Non è possibile vederlo prima, perché succede che persone che diresti buone non ascoltano Gesù perché hanno altri ragionamenti cui dare fiducia, e persone che diresti cattive e incapaci, invece, offrono alla Parola di Gesù un’obbedienza inaspettata che cambia la loro vita e li rende pietre vive dell’edificio spirituale di Dio!
Il centro della parabola è Gesù: egli vuole farsi conoscere da noi, vuole manifestarsi, e soprattutto vuole che noi lo conosciamo per dargli fiducia e prendiamo sul serio la sua Parola, anzi la sua persona come Parola del Padre, seminata nei nostri cuori.
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Il seminatore semina ovunque. Anche tra i sassi e in mezzo alle spine può esserci qualche toppa di terreno buono. Lo si vedrà dopo. Egli ha fiducia e non si spaventa per gli ostacoli. Sono molti quelli che hanno fame e che attendono il pane. E quello che cade nel terreno buono ripaga quello che va perduto.
Il seme, per produrre frutto, non adopera solo il terreno, ma anche un tempo lungo, che diventa tempo di attesa. Così la Parola di Gesù: il tempo di attesa del frutto della Parola è tempo di gemiti e di sofferenza. Questo ce lo dice l’apostolo S.Paolo. Noi facciamo parte della creazione che “attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio”. Quest’attesa ci fa sentire il peso della schiavitù, la schiavitù del peccato che ci ha fatto perdere la gioia di saperci e sentirci figli di Dio, ci ha buttati nell’incertezza e nella paura. Ma la nostra attesa sarà ripagata abbondantemente, quando ci accorgeremo che il Padre ha reso fruttuosa la nostra obbedienza a Gesù suo Figlio.
La Parola che viene da Gesù, e che noi accogliamo nel cuore e nelle azioni, porterà frutto, ci farà gustare ancora d’essere figli con lui, di essere amati dal Padre, di essere utili al suo Regno. La sofferenza che viviamo oggi e che ci accompagna quotidianamente è destinata a sparire, perché vedremo il manifestarsi dell’amore divino nella nostra vita: in noi si rivelerà la gloria di Dio!
La certezza del frutto della Parola seminata in noi, cioè di Gesù in noi, ci consola e ci solleva e ci dà speranza e gioia anche mentre portiamo il peso dell’attesa, il peso della sofferenza che il nostro essere peccatori ci procura.