Fraternità Gesù Risorto – Commento al Vangelo di domenica 13 Novembre 2022

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Iª lettura Ml 3,19-20
dal Salmo 97
IIª lettura 2 Ts 3,7-12
Vangelo Lc 21,5-19

Questa domenica è la penultima dell’anno liturgico; per questo motivo ci vengono offerte delle letture che parlano della fine, la fine del tempo, la fine delle cose e la fine della nostra vita terrena. Di fatto ci rendiamo conto della precarietà di tutto e del pericolo in cui ci troviamo continuamente a causa di malattie o incidenti e imprevisti. Gesù parla di questa realtà, non ce la nasconde e non ne fa un tabù.

Le sue parole sono un aiuto a non vivere con superficialità, uno stimolo alla vigilanza, un avvertimento a non farci degli idoli con le cose belle di questo mondo. Noi vediamo come è facile che gli uomini si facciano degli idoli con ciò che essi stessi producono. Quando queste cose riescono belle, attraenti, utili, ammiriamo chi le fa, gli diamo gloria, gli facciamo monumenti, gli dedichiamo le piazze, scriviamo i loro nomi sulle strade. E dimentichiamo Colui che ha dato l’intelligenza e la salute all’uomo che se ne è servito per ogni realizzazione.

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Oggi Gesù parla con i suoi discepoli della bellezza artistica del tempio di Gerusalemme. Essi rimanevano a bocca aperta osservando l’architettura dell’edificio e i prodotti di oreficeria che lo faceva risplendere. Gesù invece non perde di vista l’uomo, e tanto meno Dio. Se l’uomo non ubbidisce a Dio, le sue belle opere diventano trabocchetto. La ricchezza del tempio attirerà l’attenzione dei predoni, che ne faranno razzia. Ad essi non importerà nulla dell’architettura artistica, e, pur di impadronirsi dell’oro, distruggeranno tutto!

Non rimarrà pietra su pietra”! Queste parole erano profetiche proprio per quel tempio di Gerusalemme, che quarant’anni dopo è stato davvero letteralmente raso al suolo. Ma queste parole sono state profetiche per migliaia di altri edifici innalzati dagli uomini, anche dai cristiani. E noi non dobbiamo dimenticare che sono “parole che non passano”, mentre i nostri bei monumenti, le nostre cattedrali, i nostri splendidi edifici e anche tutte le nostre realizzazioni sociali e benefiche avranno una fine. Non possiamo dimenticarlo, per non dimenticare di porre la nostra attenzione alla vita interiore, alla nostra unità con il Signore, alla costruzione dell’edificio spirituale gradito a Dio.

Nel mondo nulla è stabile, nulla rimane per sempre. I popoli si muovono, trascinano con sè il proprio egoismo e le proprie prepotenze, impongono i propri peccati con la forza distruttrice che questi possiedono. Chi ascolta Gesù deve essere pronto a questi eventi, pronto a difendersi dall’attrattiva della parvenza di bene che l’idolatria e l’ateismo possono offrire, pronto a dare testimonianza dell’unico Salvatore dell’uomo.

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Chi ama Gesù non ha sicurezze umane: quelle che sembrano tali sono più pericolose. Persino dai parenti sarà tradito, e persino da coloro che gli dichiarano amore riceverà odio e inganno. Non i terremoti e le pestilenze sono da temere, ma la propria debolezza nella fede, la propria incapacità di testimonianza.

Il futuro ci riserverà molte occasioni in cui potremo manifestare chi siamo, o meglio, chi è colui che ci fa vivere e ci dà gioia, chi ci dà forza di amare, chi è colui che dà significato e orientamento sicuro alla nostra vita. Avremo la gioia di offrire a molti la possibilità di accostarsi alla salvezza di Gesù, ma dovremo essere vigilanti, svegli, capaci di discernere ciò che è di Dio da ciò che semplicemente appare come bene. Mai possiamo dimenticare che tutto finisce, se vogliamo essere saldamente aggrappati a ciò che rimane, anzi a colui che rimane, e che davvero ci ama ed è benedetto nei secoli!

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