Iª lettura At 1,1-11 dal Salmo 46 IIª lettura Ef 4,1-13 Vangelo Mc 16,15-20
Perché Gesù dopo la sua risurrezione si è fatto vedere ancora per quaranta giorni ai discepoli? Aver visto Gesù risorto non è stato sufficiente a cambiare il loro cuore e a correggere le loro attese. Essi continuavano ad aspettarsi che egli ricostituisse “il regno per Israele”; egli continuava ad orientarli alla novità di un Regno diverso, interiore sì, ma con risvolti familiari e sociali importanti e benefici; un regno che è libertà dal peccato e unisce i cuori nell’amore, con spirito di comunione profonda e duratura, un regno che è dono dello Spirito Santo.
Li volle preparare a ricevere lo Spirito di Dio, e perciò si è fatto vedere e sentire e toccare da loro. Affinché il dono dello Spirito fosse da essi atteso e desiderato, finalmente scomparve al loro sguardo assicurandoli però che sarebbe rimasto per sempre alla destra del trono di Dio per intercedere a loro favore. Questa è la prima notizia che egli stesso aveva detto a Maria di Magdala già il mattino della risurrezione, incaricandola di riferirla loro.
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Ora egli si nasconde, elevato da mani invisibili e avvolto da quella nube che è segno eloquente della presenza di Dio. La nube, mentre lo nasconde, rivela che egli ora fa parte della divinità, è unito a Dio Padre, può essere adorato insieme a lui. Inoltre ora le parole da lui pronunciate in precedenza acquistano valore di Parola di Dio. Ai discepoli non resta che ricordare tutto quello che egli ha fatto e vivere come egli ha insegnato: tutto ciò ha valore divino. E la sua ultima consegna è questa, come ci narra san Marco: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura”.
Gesù manda gli apostoli, ma senza allontanarli da sè, proprio perché egli è presso Dio, nei cieli, là cioè da dove egli può essere presente ovunque e sempre: “Agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”. Essi andranno, sempre accompagnati dalla presenza efficace dello sguardo e della mano del loro Signore: egli agirà in ogni luogo dove essi saranno obbedienti a lui.
Essi vedranno e godranno i segni della sua presenza: i demoni fuggiranno quando udranno la loro voce. I demoni dell’egoismo, della vendetta, dell’invidia, dell’ira, dell’impurità, dell’odio, della ribellione, non resisteranno nel luogo dove arriveranno i discepoli di Gesù, e nemmeno nei cuori delle persone per cui essi pregheranno!
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Le lingue nuove, quelle che parlano il linguaggio dell’amore, saranno comprese e creeranno comunione tra tutti i popoli e tutte le razze umane.
I serpenti, situazioni difficili e imprevedibili, non spaventeranno coloro che sanno d’essere amati dal Padre e guidati dal suo Spirito: anzi, questi troveranno in Gesù la sapienza e la prudenza per affrontarle e risolverle con pazienza e fortezza.
I veleni, il rifiuto degli uomini, non saranno occasione di depressione e scoraggiamento per i credenti, anzi, essi continueranno ad occuparsi delle persone maggiormente bisognose, quelle che soffrono l’indigenza della malattia e la mancanza dell’amore: e queste, accorgendosi di essere amate, ricominceranno a vivere e a sperare.
Tutta la storia della Chiesa da allora è segnata da questi fatti, costellata di vittorie sulla menzogna dell’egoismo, riempita di segni della presenza di Gesù risorto.
San Paolo è stato testimone di questa misteriosa presenza. Nel breve tratto odierno della lettera agli Efesini ne trae le conseguenze, esortandoci a perseverare nell’umiltà, nella dolcezza, nell’amore reciproco. Così la nostra vita di persone, cui è concesso lo Spirito di comunione, sarà forte testimonianza che Dio continua a salvare gli uomini anche nel nostro tempo.
Quel Gesù che è asceso al cielo riempie di sè tutte le cose, le trasforma, le rende dono di Dio, strumento di amore. Gesù dal suo “cielo” continua, tramite la sua Chiesa, ad essere operante sulla terra: ne rinnova il volto e la rende luogo di pace.