San Paolo è preoccupato e amareggiato per il peccato dei suoi fratelli ebrei. Egli ha visto quanto il loro cuore fosse chiuso all’annuncio del vangelo, e sì che erano le persone maggiormente preparate ad accoglierlo grazie a tutta la storia che Dio aveva compiuto con loro e grazie ai doni profetici di cui li aveva arricchiti. Egli non solo non si lascia condizionare dal rifiuto del suo popolo, ma ne trae un impegno rinnovato e una generosità maggiore. Egli ha come esempio il grande profeta Elia, che per la sua fedeltà all’unico Dio dovette fuggire lontano per mettersi in salvo dalle ire della regina. Oggi lo vediamo sul monte dove, come premio per la sua fedeltà, riceve la grazia di incontrare Dio stesso. Può assistere col volto coperto al suo passaggio. Questo dono grande, per lui è anche un mite rimprovero. Egli, che aveva agito con forza invocando castighi per chi era infedele, si aspetta di incontrare il suo Dio nel vento impetuoso, nel terremoto, in un fuoco devastatore, ma nulla. No, Dio passa accompagnato da un fruscio di silenzio. Dio comincia a far capire ai profeti che egli non vuole la morte, ma la salvezza dei peccatori. Anche il salmo sottolinea questo metodo del Dio vivente.
Il brano evangelico ci presenta Gesù che cerca il modo per farsi riconoscere dai suoi stessi discepoli. Egli ha distribuito i cinque pani a cinquemila uomini, ma i suoi non hanno capito. Non hanno capito che questo è un segno messianico. Non hanno capito che egli è il Messia promesso e atteso. Li manda da soli all’altra sponda, così che abbiano tempo di riflettere. Egli sceglie pure per sè un luogo solitario e silenzioso, dove possa prolungare la sua preghiera.
Quando presume che i suoi sul lago siano in difficoltà, va loro incontro, ma essi lo scambiano per un fantasma: non pensano che il loro Maestro possa incontrarli e aiutarli nella difficoltà, in quella difficoltà in cui nessun uomo potrebbe intervenire. Gesù invece proprio là si fa presente. Nell’oscurità della notte, camminando sul mare agitato Gesù incontra i suoi, anche se essi sono impediti di riconoscerlo dalla paura e dalla tenebra. Leggo volentieri queste righe del vangelo in questi tempi in cui noi, Chiesa di Dio, facciamo fatica a proseguire il nostro cammino e siamo tentati di scoraggiamento al vedere le difficoltà che incontriamo nell’annunciare il vangelo, e al vedere quanto si abbatte contro di noi la furia del nemico. Questi si serve dei mezzi di comunicazione, di personaggi ammirati da molti, di autorità ad alto livello, di ideologie sempre nuove e fuorvianti, per ostacolare il proseguire della Chiesa nel mondo e la sua opera per il bene di tutti. Mi sembra proprio di essere su una barca sbattuta dalle onde sul mare e nella quale entra l’acqua, e non so ancora dove può essere quel fantasma che non è un fantasma, ma Gesù stesso che viene con noi! Attende egli la mia disponibilità a camminare con lui sull’acqua, come Pietro? Il discepolo riteneva di essere in grado di imitare il maestro con le proprie forze: no, non è così. Potrà imitare il Signore soltanto affidandosi a lui e credendo in lui più che nella forza del vento e più che nella mobilità delle onde. Se la sua fede non è decisa e stabile, egli non potrà farcela.
Gesù attende e vuole che la mia fede non si lasci intimorire da nulla. Proverò a camminare sulle onde nemiche, ad adoperarle come terreno su cui muovere i passi per correre incontro a Gesù. La sua mano è pronta, mi aggrapperò ad essa. Egli è presente, mi fiderò di lui.
Gesù, tu sei veramente il Messia, il Figlio di Dio! Di chi avrò paura? Da che cosa mi lascerò spaventare? Ci sei tu con noi nella Chiesa, ti adoriamo e lasciamo che tu continui la tua opera in questo mondo: ne illuminerai la notte con la luce del tuo volto!