Prima lettura Dt 4,32-34.39-40
dal Salmo 32/33
Seconda lettura Rm 8,14-17
✝ Vangelo Mt 28,16-20
Mosè fa notare al popolo d’Israele il grande privilegio che gli è concesso: udire la voce di Dio con la certezza di essere stato scelto da lui come benedizione per tutti i popoli. La conseguenza di questo grande atto di predilezione sarà un’obbedienza filiale. Chi obbedisce a Dio vivrà nella gioia, una gioia che viene trasmessa alle generazioni che nasceranno. L’amore di Dio va ricambiato con l’amore, e l’amore più vero è quello del figlio che ubbidisce prontamente e con fiducia.
Noi possiamo dire molto di più. A Dio l’amore è già stato ricambiato pienamente anche per noi da Gesù, che lo ha amato come un figlio ama il proprio padre, e per dimostrarlo ha amato gli uomini fino a morire per loro. Inoltre, grazie a Gesù, la nostra conoscenza di Dio ha fatto salti da gigante. Noi non conosciamo soltanto l’esistenza di un Dio, ma sappiamo che egli ci ama come una madre e come un padre amano i loro figli; conosciamo colui che egli ha mandato, e da lui riceviamo il suo stesso Spirito. Donandoci il suo Spirito ci ha santificati, ci ha resi simili a sé. Quest’opera di assimilazione di noi a sè è iniziata quando la Chiesa ci ha accolti per battezzarci.
Quando ci ha battezzati la Chiesa ha ubbidito a Gesù, che ha mandato i suoi discepoli a fare “discepoli tutti i popoli”. E cos’è successo quando siamo stati battezzati? Siamo stati immersi “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Il rito dell’acqua scesa sul nostro capo è un segno che esprime la fede della Chiesa, che intende ciò che ha inteso Gesù quando ha dato agli Undici l’ordine di ammaestrare tutte le nazioni e battezzarle.
“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”: quando queste parole sono state pronunciate su di noi, siamo entrati nelle dimensioni divine: siamo stati coperti dal suo Nome, un Nome che esprime la sua vita d’amore. Siamo stati riempiti e trasformati da lui. Noi perciò ora non lo conosciamo perché sappiamo qualche cosa di lui, ma perché viviamo i vari aspetti del suo amore. Infatti amiamo come ama un padre, prendendo iniziative per il bene e la crescita degli altri figli; amiamo come ama un figlio, accogliendo le proposte di amore degli altri e obbedendo alle loro scelte di pace; amiamo come ama un amico o uno sposo, collaborando con altri per diffondere l’amore e una cultura di amore. Non possiamo più ignorare la “trinità” del nostro Dio, altrimenti dovremmo rinnegare quel triplice amore che, per grazia, sorge e matura in noi stessi.
Conosciamo Dio nella Trinità delle persone, una trinità d’amore! Se egli fosse unica persona, come ce lo presentano alcune religioni, non potrebbe esercitare amore in se stesso, non sarebbe amore e non potremmo conoscerlo come amore, e nemmeno potremmo imitarlo. E difatti quel Dio che non è conosciuto come Trinità deve venir descritto come un Dio che non ha rapporti con l’uomo, non li vuole: potrebbe solo essere distante, impassibile, freddo padrone sconosciuto e inconoscibile. Il Dio poi che ci viene presentato dalle tradizioni religiose orientali non è nemmeno persona: non parla e non ascolta. sarebbe un dio che si identifica col creato: ci lascia la paura, perché di fronte a noi non ci sarebbe nessuno. In quelle religioni l’uomo sarebbe autorità a se stesso, sarebbe dio a se stesso. Nell’uno e nell’altro caso, come in molte altre forme religiose offerte dall’attuale mercato delle opinioni, l’uomo piomberebbe in una solitudine nera e inconsolabile.
È una grande grazia conoscere l’unico Dio nelle tre Persone divine ed essere partecipi del loro amore. È la grazia che ci permette pure di gustare e godere la comunione tra fratelli.
Grazie alla fede in Gesù, che ci ottiene dal Padre il dono dello Spirito Santo, conosciamo e viviamo la comunione con lui, e di conseguenza tra noi. E nulla è più bello, nulla ci dà speranza e consolazione, quanto la comunione, fonte di festa, di gioia, di serenità. Non ringrazio mai abbastanza la Chiesa di avermi battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!
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