Gesù continua a istruirci riguardo alla preghiera. Questa è ricordata molto spesso nel vangelo secondo Luca: infatti egli inizia il suo racconto presentandoci tutto il popolo in preghiera nel tempio, e lo termina con la preghiera di lode della Chiesa, il popolo di Dio radunato da Gesù! Il Signore stesso, una decina di volte in questo vangelo, viene presentato mentre si ritira, da solo o con i discepoli, in luoghi solitari a pregare; richiesto, volentieri insegna la preghiera che piace al Padre, quella che ci ottiene lo Spirito Santo!
Domenica scorsa egli ci ha sollecitati con una parabola a pregare sempre, senza stancarci, a mantenere salda la nostra fiducia nel Padre, a non sognarci nemmeno di rivolgerci a qualcun altro invece che a lui, a sperare soltanto nel suo aiuto. Oggi ascoltiamo un’altra parabola che Gesù ha raccontato per quelle persone che si ritengono a posto, e, pensando di essere creditori davanti a Dio, si permettono di seminare giudizi sugli altri. Questa parabola ci offre l’occasione di esaminare la nostra preghiera, o, meglio, i sentimenti che proviamo durante la preghiera.
Osserviamo i due uomini descritti da Gesù. Il primo è devoto e anche benemerito per le sue opere buone. Egli prega guardando se stesso, compiacendosi di se stesso e confrontandosi con gli altri. Non ha nulla da rimproverarsi, nulla da chiedere a Dio, nessun desiderio che lo porti ad amare. L’altro invece sa di aver bisogno del perdono degli uomini e di Dio: non cerca di confrontarsi con persone peggiori per trovare motivo di giustificarsi e starsene tranquillo, ma si confronta con la santità di Dio e la sua misericordia. In tal modo egli ha speranza di ricevere quel perdono di cui ha bisogno per la sua pace. Quest’uomo incontra Dio, che si vede da lui considerato, desiderato e atteso. Dio infatti ha sempre promesso amore e misericordia all’uomo contrito, a chi ha il cuore ferito, agli umili che si rivolgono a lui, ai peccatori che desiderano cambiar vita, a chi riconosce il proprio peccato.
Gesù conclude il racconto della parabola dei due uomini in preghiera con il suo giudizio. Egli sa che Dio guarda il cuore dell’uomo e perciò è sicuro che colui che si riconosce peccatore gode la benevolenza del Padre. Quest’uomo si è messo al posto giusto, il posto dell’umile, di chi è bisognoso di salvezza, di chi attende ed è capace di accogliere il Figlio, il posto di chi dà peso al dono che Dio offre al mondo. Quest’uomo, davvero peccatore così come è capace di riconoscersi, riuscirà ad accogliere Gesù non appena udrà parlare di lui, e gioirà d’incontrarlo. Così farà Zaccheo a Gerico, così cerco di fare anch’io ogni giorno.
Mi accorgo poi che, quando rimango nella consapevolezza del mio peccato e della mia indegnità, sono più aperto a comprendere gli altri, più disponibile al perdono, capace di cercare e trovare scusanti per i difetti e i peccati di chi mi fa soffrire o mi fa esercitare pazienza su pazienza.
Oltre alla Parabola di Gesù anche la lettura del Siracide mi fa desiderare di essere umile, di mantenere un cuore contrito. “La preghiera dell’umile penetra le nubi”, dice l’autore sapienziale. La preghiera dell’umile continua a salire anche quando non si vede il cielo, anche quando sembra che questo sia chiuso e nessuno ascolti. L’umile persevera in preghiera e il suo cuore rimane attaccato a Dio, non dispera nemmeno nei momenti di aridità o di oppressione, di solitudine o di apparente inutilità.
La confidenza che San Paolo offre a Timoteo scaturisce proprio in un momento di difficoltà, di grande sofferenza: l’apostolo, che è in prigione, si vede abbandonato da alcuni dei suoi amici. Egli partecipa alla passione del Signore anche per questo aspetto. Come Gesù era stato abbandonato dai discepoli, così egli ora lotta da solo. L’umiltà cresciuta nel suo cuore al ricordo dei suoi peccati, come egli stesso ci ha ricordato alcune domeniche or sono, lo aiuta a perdonare agli uomini e a confidare solo nel Signore, che gli dà forza di continuare ad annunciare il vangelo di Dio. Egli è certo d’essere arrivato alla fine del suo cammino sulla terra: gode di aver perseverato nella fede e di poter attendere il premio promesso da Gesù a chi rimane in lui. Egli termina la sua vita con la preghiera di lode a Dio, una preghiera che si fa certezza di entrare nel regno eterno, dove sono attesi tutti i figli amati dal Padre.
Ringrazio Gesù, che mi insegna a pregare, mi insegna a far della preghiera un momento della mia conversione più vera e sicura. Se io mi converto a lui, la mia vita diventa missionaria per la conversione di tutto il mondo.
A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN