1ª lett. Sir 27,30 – 28,9 dal Salmo 102/103 2ª lett. Rm 14,7-9 Vangelo Matteo 18,21-35
Domenica scorsa il Signore Gesù ci ha insegnato sia la delicatezza che la determinazione che dobbiamo avere per correggere i fratelli. Oggi egli intende correggere ciascuno di noi, che siamo quasi incorreggibili: quanta resistenza opponiamo alla Parola che riceviamo, e in particolare a quella che ci viene donata oggi! Noi ci meravigliamo che Pietro abbia chiesto a Gesù se è lecito pensare di poter perdonare sette volte. Ad essere sinceri, riteniamo sia un’esagerazione proporre di farlo tre volte. Un vero perdono profondo e completo poi non ci azzardiamo a darlo nemmeno due volte. La risposta che Gesù ha dato a Pietro è esagerata? Settanta volte sette, si può? Del resto capisci che, se perdoni anche sette volte, all’ottava volta che fai? Ti vendichi? Smetti di rivelare la misericordia del Padre? All’ottava volta che il fratello ti disturba, smetteresti di essere dono di Dio per lui? All’ottava volta avresti il coraggio, da buono che sei, diventare cattivo? Gesù ci aiuta a comprendere la bellezza del perdono, e quindi il suo valore e la sua necessità; ci aiuta con una parabola che ha in sè una forza di persuasione singolare.
Il debitore sollevato gratuitamente del suo debito di diecimila talenti non è capace di aver misericordia verso chi a lui deve soltanto cento denari. Ha ricevuto il condono totale semplicemente perché ha pregato, perché ha chiesto non il condono, ma un po’ di pazienza. E lui non sa fare altrettanto per un amico che gli è debitore di un debito molto minore in confronto del suo.
Nessuno di coloro che ascoltano questo racconto riesce ad approvare il servo che non impara dal suo padrone. Eppure in pratica siamo noi che ci comportiamo così. Dio non ci chiede di ricompensarlo del dono della vita, e nemmeno del dono della fede in lui, ma nemmeno ci obbliga a riparare del tutto ai nostri piccoli o grandi peccati. Questi benefici li dimentichiamo in fretta. Siamo pronti a ricordare i torti, volontari o involontari, consapevoli e inconsapevoli di chi ci passa accanto, o addirittura di chi vive, e di chi fatica e lavora per noi tutto il giorno. Siamo peggiori, molto peggiori, di quel “servo malvagio” di cui narra la parabola.
Dal momento che ascoltiamo Gesù e che ci lasciamo beneficare da lui dovremmo essere diversi, accettare di agire come lui agisce con noi. Sono forti anche le espressioni del libro del Siracide (prima lettura): “Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore?” e ancora: “Ricordati della tua fine e smetti di odiare”. Dobbiamo usare la memoria non solo per i torti che riceviamo, ma anche per quelli che facciamo agli altri, ma soprattutto per i benefici che ci arrivano da tutte le parti, da persone conosciute e da persone sconosciute.
San Paolo ci dona un altro ragionamento, che, se accolto, ci facilita ancora il compito del perdono. “Nessuno di noi vive per se stesso”: è vero, io ho cominciato a vivere per il Signore Gesù, e ho deciso molte volte di donare a lui la mia vita. Sono sicuro che l’hai fatto anche tu, molte volte. Pensa a quante volte hai detto: “Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà”. Con queste parole hai promesso obbedienza al Signore, decisione di ascoltare la voce del Padre attraverso le parole del Figlio suo. Un modo concreto di mantenere la promessa e di dimostrare che viviamo per lui è proprio il perdono. Chi mi fa del male o chi mi odia, o parla male di me, ha bisogno di essere salvato e liberato da colui che lo fa agire in questo modo, cioè dal maligno. Chi mi calunnia o rovina il mio buon nome con cattiveria, sta allontanandosi dalla bontà di Dio e sta rifiutando il suo Spirito: egli ha bisogno di essere aiutato e salvato. Io, che mi accorgo del pericolo in cui lui si trova, posso aiutarlo con la mia parola, con la mia benevolenza, con il mio sorriso, con la mia preghiera. Io vivo per il Signore, e quindi devo e voglio aiutare anche il fratello a rimanere fedele a lui, e devo ‘aiutare’ il Signore a fargli giungere e fargli percepire il suo amore.
“Viviamo per il Signore!”, e la gioia non si allontanerà dal nostro cuore. E ringrazieremo sempre Gesù di averci stupito con la sua risposta a Pietro, l’unica che non inganna, l’unica degna del cuore del Padre.