Del nostro Dio la prima lettura dice: “Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto”. Dio è nostro Padre, ed è davvero inimitabile. Egli è forte, e ci mostra la sua forza se occorre. Egli però è mite, e noi godiamo della sua indulgenza e pazienza. Ci sono tuttavia persone che si ritengono in grado di poterlo giudicare e di pronunciarsi contro di lui, dicendo che è ingiusto e senza cuore. Egli non ha bisogno di difendersi da questa accusa, tanto è evidente il contrario. Cieco è l’uomo che non vede la sua giustizia e non ha pazienza di attendere che essa si manifesti. Con il suo modo di fare, cioè con la sua forza e la sua pazienza, Dio ci insegna ad amare gli uomini, tutti, anche quelli che si rendono degni di grandi castighi. Sono anch’io uno di quelli, e, per grazia, Dio mi dà la possibilità di sperare nella sua indulgenza. Egli attende, e attende ancora, e così io arrivo a riflettere per maturare il pentimento e quindi chiedergli perdono.
Questo tema pervade anche la prima delle tre parabole che oggi Gesù ci propone di ascoltare con attenzione. Nel campo seminato con buon grano cresce anche zizzania, che ostacola la crescita e la maturazione del buon grano. Che si fa? Bisogna far violenza e strapparla? Gesù ha rivelato la spiegazione di questa parabola. Dio è capace di aspettare e pazientare. Dio è diverso da noi uomini, che vorremmo eliminare subito il male che ci fa soffrire. Volendo eliminare subito chi fa il male, l’uomo condanna se stesso. Chi è infatti colui che non porta nel cuore, mescolata con la Parola di Dio, una serie di desideri, di energie, di volontà cattive, produttrici di male? Certamente si può e si deve agire con prontezza ad impedire che la tentazione proceda nel proprio cuore, ma non si possono cacciare dalla comunità cristiana quelle persone che si sono lasciate sedurre, vincere e travolgere. Esse devono essere aiutate, e dobbiamo con pazienza attendere che la Parola di Dio cresca in loro, prenda forza e in tal modo vinca le radici dannose nascoste dentro di loro.
Il regno dei cieli cresce senza atti di violenza, con mitezza e umiltà. Esso cresce lentamente, senza la pretesa di essere subito visibile, subito completo e perfetto. Lentamente cresce e realizza la volontà di Dio sulla terra. Parlando del regno dei cieli io penso alla Chiesa, la comunità dei credenti, penso alla parrocchia, penso ai gruppi di preghiera e di carità. È la Chiesa, in tutte le sue piccole e limitate manifestazioni, che attira gli uomini a trovare riparo e ristoro, come lo trovano gli uccelli tra le fronde della pianta di senape cresciuta in modo misterioso da un seme così piccolo! Gli uccelli del cielo sono, al dire dei profeti, i popoli pagani, quelli che nemmeno conoscono Dio e il suo amore. Tutti gli uomini godono della presenza dei credenti in Gesù, come la polenta o i maccheroni ricevono beneficio dal pizzico di sale scomparso nell’acqua dove cuociono.
È ancora la Chiesa che dà una capacità di comunione e di armonia alle convivenze umane, famiglia e società, come il lievito trasforma la grande massa di farina impastata da una donna coraggiosa! Ti sei mai chiesto perché questa donna, nella parabola di Gesù, impasti tre staia di farina? Tre staia sono tre grandi recipienti! Gesù pensa a una grande quantità di pane: questo deve servire ad una famiglia per moltissimo tempo, oppure deve essere portato sul tavolo di un banchetto con moltissimi invitati? La Chiesa deve offrire cibo a tutto il mondo, a tutti i popoli!
Il regno dei cieli deve crescere continuamente e senza fermarsi, e noi siamo così deboli e fragili! Abbiamo la preghiera, che costringe Dio ad intervenire con la sua potenza! Ma come pregare e cosa chiedere a Dio? Egli stesso mette nel nostro cuore il suo Spirito, che trasforma i nostri desideri santi, quasi dei “gemiti”, in domande precise che il Padre, forte e indulgente, comprende ed esaudisce con amore! Vieni, Spirito Santo!