A cura di Fratello Luca Rubin
Sono monaco della Fraternità monastica della Speranza, nella diocesi di Arezzo.
Sono anche maestro elementare, professione che cerco di vivere in pienezza, non come lavoro ma come vocazione e missione. […]
Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai.
Pregare sempre, stancarsi mai. Se ci pensi tutta la tua vita si snoda tra un sempre e un mai, e tu sei un cursore che cerca il giusto equilibrio, come la ricerca della giusta stazione nelle vecchie radio a transistor. Molto spesso navighi nel quasi, nel forse, nel condizionale che logora il presente e congela il futuro. E poi perché pregare sempre? O meglio: cosa vuol dire pregare sempre? E ancora: come fai a non stancarti se c’è un sempre, senza interruzioni, senza staccare mai?
In questa stessa pagina di vangelo, Gesù ci svela cosa intende comunicare: “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?” Pregare sempre non significa dire parole 24 ore su 24, ma avere sempre ben presente che c’è qualcuno che mi vede, mi sente, ha cura, ha attenzioni, c’è qualcuno che mi ha fatto, mi ha voluto, e le sue impronte digitali sono impresse indelebilmente nel mio DNA. Come una relazione non si esaurisce in un fugace incontro, così la tua relazione con Dio si svolge e si determina attimo dopo attimo, notte e giorno, dipanandosi lungo una vita intera, “Sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui” (1Ts 5,10).
Questo vivere insieme con Lui è la chiave del pregare sempre senza stancarsi: Dio non è una statua a cui offrire fiori o incenso, ma una persona, viva, reale, che mi parla, mi ascolta, mi ama! La mia preghiera sarà un parlare, gridare, ridere, piangere, giocare, confrontarsi, scontrarsi, riconciliarsi, esattamente come avviene con una persona. Abbiamo relegato la preghiera al culto, impoverendola e rendendola asettica, anaffettiva. Gesù lo sa bene, e per questo desidera correggere questa brutta piega.
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Un giudice è quella persona che conosce bene la legge e la applica in modo consono e adeguato alle varie situazioni. Per questo motivo deve essere una persona retta, precisa, attenta. In questo caso no: il giudice presentato da Gesù è un giudice egoista e antipatico, chiuso nel suo piccolo mondo, ripiegato su sé stesso, e tutto il suo campo visivo è occupato dal suo ombelico. Non teme e non ha riguardo, né di Dio, né degli altri.
Una vedova. Nella cultura e nel periodo storico in cui Gesù è vissuto, l’unica persona degna di stima era il maschio, sposato e padre. La donna non era considerata, a nessun livello (politico, culturale, sociale, religioso). Essa viveva solo grazie al marito, alla sua ombra, ed era vagamente lodata per i suoi figli maschi. Una vedova era considerata meno di zero, non esisteva, non aveva diritti, non aveva alcun valore la sua opinione, scarto della società, la sua vita era considerata inutile, se non anche dannosa. Questa vedova ha delle difficoltà con qualcuno , e chiede aiuto al giudice, chiede giustizia.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
Siamo all’assurdo: Il giudice non vuole essere giudice, il custode della legge non vuole applicarla. Tuttavia, succede qualcosa che gli fa cambiare idea: questa povera vedova era diventata per lui un fastidio continuo e insistente. Il testo originale dice che il giudice le farà giustizia in modo che essa “non mi rompa la testa”: questo fa ben capire di quale insistenza questa donna era dotata! A volte succede anche nelle nostre frenetiche e caotiche giornate, nelle quali qualcuno ti pizzica e inizia a raccontarti di tutto e di più, oppure ti chiede mille cose, mille favori, e pur di togliertela di torno fai tutto ciò che ti chiede. Ecco, questo giudice ha fatto la stessa cosa, anche se non aveva voglia: quella vedova lo ha buttato giù dal letto del suo egoismo, lo ha tirato fuori dal suo mondo, intimandogli di compiere il suo dovere di giudice.
Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.
Il giudice compie il suo dovere facendo giustizia e applicando la legge solo per sbarazzarsi della vedova (non lo fa né per fedeltà a sé stesso, né tanto meno per amore). La chiave della parabola è proprio in questo paragone portato all’estremo da Gesù. Tu sei il bisognoso, come la vedova hai bisogno di tutto, e spesso, in questo strano mondo, ti senti l’ultimo e incompreso. Dio Padre è Colui che ti ha fatto, che ti conosce perfettamente sotto ogni punto di vista, Lui sa il tuo carattere, i tuoi pregi e i tuoi difetti: ti renderà giustizia, cioè farà in modo che nella tua vita tutto funzioni bene (il che non significa senza problemi, stai bene attento!), sarà al tuo fianco e realizzerà con te il suo piano di amore. Dio, a differenza di quel giudice, fa giustizia prontamente ai suoi eletti.
Prontamente, subito, basta uno sguardo, o forse neanche quello: Dio è provvidente ma anche previdente, solo che spesso si chiede a Dio di essere la nostra fata turchina o il babbo natale che porta i doni, e allora Lui si mette le mani in tasca e fischietta disinvoltamente, aspettando che tu ti renda conto che Lui non ha bacchette magiche , non si diverte a fare incantesimi, ma vive la tua situazione con te, come sa fare solo chi ama. Perché sfigurare il volto di Dio? Perché renderlo antipatico come quel giudice quando è Lui stesso la fonte dell’amore, di ogni amore?
Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
Qui Gesù non sta parlando di chiese vuote o piene, di confessioni o comunioni, non si sta lamentando della scarsità di vocazioni: questa domanda posta alla fine di questa parabola ha la funzione di specchio: Io ci sono, dice Dio, non chiudo occhio e ti seguo passo passo. Tu che fai? Stringi la mia mano e cresciamo in questa relazione seriamente o mi collochi in friend-zone? E con questa domanda Gesù non vuole schiacciarti sotto il peso della responsabilità, ma è un invito di chi è follemente innamorato di te, che desidera il tuo bene, ma che troppo spesso non incontra il tuo sì deciso. Sono i nostri ni a frenare l’azione di Dio, Lui che nel vangelo dice sempre “se vuoi” e non “devi”. Il Figlio dell’uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra? Dipende da te.