Gesù si avvicinò a Gerusalemme e pianse su di essa, e lo possiamo ben capire, perché già vedeva quello che gli altri ancora non vedevano. Gli abitanti di Gerusalemme, infatti erano orgogliosi di abitare nella città santa, la città del grande tempio, la città ricca, centro del commercio e del potere politico di Israele.
Ma Gesù vedeva al di là delle apparenze, vedeva già le trincee, l’esercito nemico alle porte, la morte e la devastazione che la guerra avrebbe portato. E il pianto di Gesù, probabilmente non esprime solo la tristezza per la devastazione della guerra, ma anche per la durezza di cuore di un popolo che non vuole cambiare rotta, anche quando avrebbe ancora la possibilità di salvarsi.
Anche la nostra società sembra avere questa ostinazione nel perseguire le stesse strategie fallimentari, anche quando conducono alla iniquità, alla violenza, alla autodistruzione.
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Lo vediamo in modo emblematico in questa tempo di cambiamento epocale in cui vengono meno gli antichi equilibri geopolitici, in cui l’inquinamento ha portato ad un degrado irreversibile del nostro pianeta, ma invece di rallentare continuiamo ad accelerare, un corsa pazza verso un futuro che ci è sfuggito di mano.
Non lasciamoci trascinare da questa follia collettiva, se il mondo non ci pone limiti, diamoceli da noi stessi, per rispettare la vita, la dignità umana, la verità, la giustizia, la difesa dell’ambiente, e l’amore di Dio.