Ad un certo punto del cammino Gesù si ferma e comunica ai suoi discepoli una notizia sconvolgente: sappiate che il mio destino è quello di soffrire molto, di venire rifiutato dal potere religioso, e di venire ucciso.
Questa è una notizia che sconvolge i discepoli, in primo luogo sono dispiaciuti per la sorte di Gesù con cui si era creato un legame di amicizia oltre che di fede, e poi questa triste profezia scombina anche le loro ambizioni per il futuro.
Secondo i loro progetti il Messia doveva essere quello che avrebbe sistemato la situazione politica e religiosa della nazione, e invece capiscono che il mondo procede inesorabilmente per la sua strada inseguendo i suoi interessi, e chi si mette in mezzo cercando la direzione del mondo ne rimane schiacciato.
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Infine, i discepoli sono impauriti perché intuiscono, giustamente, che per seguire Gesù avrebbero dovuto anche loro affrontare una sorte simile alla sua, anche se non immediatamente. E difatti Gesù rimprovera Pietro che cercava di fermarlo dicendogli: Va’ dietro a me satana.
E con questa ammonizione non è che voglia offenderlo, ma gli fa capire che sta cadendo in una tentazione di satana, la tentazione di non compiere la propria missione pur di salvare la propria vita. Ecco, dunque, che per noi questo passo del Vangelo diventa come un promemoria per ricordarci che la sofferenza non è un incidente di percorso, ma in alcuni casi è la conseguenza del nostro essere discepoli di Gesù.
Purtroppo, a volte, il prezzo da pagare per essere fedeli alla propria vocazione diventa particolarmente alto, ma Gesù ci ricorda che questa è l’unica via per poterlo seguire.
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