Quando ascoltiamo il Vangelo noi ascoltiamo un libro antico, e tuttavia quello che accade nel vangelo è strettamente legato a quello che viviamo anche noi, nel nostro tempo.
Ascoltiamo infatti i racconti che ci parlano dei discepoli di Gesù, e siamo consapevoli che oggi siamo noi quei discepoli. Ed è così che i principi di vita che ci sono stati trasmessi da Gesù plasmano la nostra vita, e quello che potrebbe sembrare solo un racconto del passato diventa per noi la realtà quotidiana.
Ma tra tutti i racconti de Vangelo ce n’è uno che si distingue dagli altri, in quanto crea veramente un collegamento diretto e reale tra noi e Gesù. Questo è il racconto dell’ultima cena. Quando Gesù è salito nel cenacolo con i suoi discepoli ha accompagnato anche tutti noi a quel banchetto Pasquale, e quando noi partecipiamo alla celebrazione dell’Eucarestia, non ci limitiamo a ricordare quello che era accaduto duemila anni fa, ma lo viviamo realmente, perché Gesù si fa presente in mezzo a noi, che siamo riuniti nel suo nome.
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E la sua presenza diventa tanto reale che è perfino possibile toccarlo con le mani, quando riceviamo l’Eucarestia. Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto per voi. Questo è il dono che Gesù ci ha lasciato, e noi lo onoriamo quando accettiamo il suo invito a prenderlo e a mangiarlo.
Qualcuno a volte si lamenta perché vorrebbe segni tangibili della presenza di Gesù e non ci sono. Ma non è vero, Gesù c’è, è presente, siamo noi che ce ne dimentichiamo, o non ne siamo consapevoli, o non ci crediamo. Ma Gesù c’è. Venite, prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue.