Nel modo di pensare comune la vita di fede dovrebbe essere sempre tenuta separata dall’economia, quasi fossero due mondi paralleli e incompatibili tra di loro. E in parte è comprensibile questa mentalità, che in una certa misura si fonda sul Vangelo, perché Gesù ci ha insegnato che non possiamo servire Dio e il denaro.
Dobbiamo scegliere da che parte stare: o la fede o l’economia. Ma poi molte volte Gesù, quando parla del regno di Dio, prende degli esempi che vengono dall’economia: per esempio ci parla di eredità, o di un commerciante che trova una perla preziosa e la vende, o di un latifondista che riempie i suoi granai, e anche di soldi da investire e da far fruttare.
Arriva perfino a dire: Servo malvagio e pigro; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Ed è molto interessante anche questa affermazione: il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Può sembrare dura questa espressione: regolare i conti.
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Ma in fondo ci parla di un equilibrio che vale in ogni settore della vita. Vale nella fisica, che afferma che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, vale nella matematica perché alla fine i conti devono tornare, vale nell’economia perché nel bilancio finale i guadagni meno le spese ti fanno sapere quanto ti è rimasto in tasca.
E c’è un equilibrio anche nel Regno dei cieli, perché il bene che non abbiamo fatto non lo potremo portare di là, il tempo che abbiamo sprecato non lo potremo recuperare, e i talenti che abbiamo sepolto non li potremo più investire. È questo il tempo per vivere, non sprechiamo i doni di Dio, non lasciamoli chiusi in dispensa, è questo il tempo di usare la forza che ci è stata donata per fare tutto il bene che riusciamo.