I discepoli di Gesù hanno fame, e camminando fra i campi del grano, raccolgono le spighe e le mangiano nel giorno di sabato, nel giorno santo per gli ebrei, quando nessuno deve fare neanche minimo lavoro.
Facendo così si mettono in una posizione scomoda, perché il giudizio non mancherà, fanno ciò che non è lecito, fanno quello che è diverso del solito, lo fanno anche nella presenza di Gesù, ma accusa che portano gli uomini della legge non colpirà tanto i discepoli quanto Gesù, perché se lui fosse il vero maestro non avrebbe permesso ai suoi discepoli di fare cose illecite.
C’è sempre la tentazione di passare la vita guardando e aspettando che uno sbagli, per poi usare giudizio che non conosce la misericordia. Non ci è difficile accusare quando uno fa qualcosa di sbagliato, però siamo altrettanto capaci di accusare qualcuno perché ha fatto una cosa un può diversa del solito, un po’ fuori legge.
Gesù ci ricorda che la vita non sta nella legge, la vita va oltre la legge, e spesso sembra che entra in contrasto con essa: “Misericordia io voglio e non sacrifici.” Il problema di questi guardiani è che non riconoscono in Cristo il compimento di ogni legge.
Non dobbiamo spaventarci quando mettiamo l’umanità prima della legge, dobbiamo preoccuparci piuttosto quando la legge diventa strumento di giudizio.
Commento a cura di fra Mario Berišić OFMCap