Misericordia è la nostra salvezza
«Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza». Nella bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia Misericordiae Vultus (11 aprile 2015), papa Francesco ricorda alla comunità tutta l’importanza della misericordia, speranza di pace e salvezza.
Prima proposta cinematografica sul tema della misericordia, nello specifico sulle opere di misericordia corporale “Dar da mangiare agli affamati”, è il film In grazia di Dio (2014) di Edoardo Winspeare, scelto dalla Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI – Fondazione Ente dello Spettacolo, d’intesa con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, per aprire il ciclo di approfondimenti su cinema e Giubileo.
In grazia di Dio e il ritorno alla terra
[ads2]In concorso al 64. Festival Internazionale del Film di Berlino nel 2014, nella sezione “panorama special”, In grazia di Dio di Edoardo Winspeare (Sangue vivo, Il miracolo, Galantuomini) è una fotografia della forza di reazione sul territorio affidata a un gruppo di donne. È la storia di una famiglia nel Salento, una famiglia declinata al femminile: Adele (Celeste Casciaro), a capo della piccola impresa di tessuti, sua sorella Maria Concetta (Barbara de Matteis) impiegata nella fabbrica ma aspirante attrice, Ina (Laura Licchetta) figlia di Adele, un’adolescente senza regole in cerca di un futuro altro, e la nonna Salvatrice (Anna Boccadamo), collante tra le generazioni. La crisi economica porta però al fallimento dell’attività, alla svendita della casa per ripianare i debiti; alle donne non rimane altro che un podere in campagna da dove ripartire. Coltivando dunque la terra, sopravvivendo con il baratto dei prodotti agricoli, trovano una via di riscatto dalla loro condizione, così come l’occasione per superare fratture e incomprensioni relazionali.
In grazia di Dio, girato nella terra del regista, il Salento, e recitato tutto in dialetto, è il racconto di esistenze alla deriva dinanzi alla crisi economica e lavorativa dilagante. Di più, è la fotografia di un tessuto familiare sfibrato da una quotidianità dispersiva, che però trova la forza per ricompattarsi nel momento in cui le quattro donne comprendono che una nuova vita è possibile e questa è legata al ritorno alla coltivazione della terra.
Il regista Winspeare affida il riscatto sociale dinanzi alle difficoltà alle donne, che fronteggiano (non senza problemi) i numerosi ostacoli con coraggio e determinazione, finendo per essere un esempio per la ripresa della comunità.
In grazia di Dio risulta un’opera consigliata nell’ottica del Giubileo della misericordia, con un richiamo all’opera di misericordia “Dar da mangiare agli affamati”, per il ruolo decisivo giocato dalla terra, dalla natura, speranza di sopravvivenza e di riscatto. Alle donne non rimane nulla, se non un piccolo appezzamento di terreno, che sarà per loro il volano della ripresa. Terra dunque dispensatrice di salvezza, di vita.
Ancora, sempre sul tema della misericordia, è la figura della nonna Salvatrice – già nel nome –, che occupa un ruolo centrale nelle dinamiche della famiglia: è lei a ricondurre tutti alla terra; è lei a riconciliarle con uno stile di vita diverso, sano, rigenerato. Alla nonna Salvatrice è affidato, poi, il richiamo costante alla religione, nelle sue continue preghiere al Signore e alla Madonna nelle attività quotidiane. Salvatrice, dunque, sembra lenire le ferite delle giovani donne e guidarle con la preghiera verso un cammino di ripresa, verso un orizzonte di speranza.
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Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «(…) la terra è una coprotagonista, i riferimenti vengono naturali: Ermanno Olmi, La terra trema, il neorealismo. Le crisi, è vero, sono cicliche ma qualche differenza ci deve pure essere. Così il coraggio del copione è di essere comunque e con forza uno sguardo sul nostro tempo, sull’oggi, su una contemporaneità sfaldata e offesa. Winspeare allora cerca di creare una sovrapposizione tra passato e moderno, tra richiami alla tradizione e seduzioni facili. Due opposti tra i quali trova collocazione il senso religioso, la spiritualità come collante sociale, la preghiera come tesoro di memoria e luogo di riconciliazione. La terra come valore artistico perché dà bellezza ai luoghi dove si lavora. È fatto tutto di ostacoli, di curve questo apologo di Winspeare, che si conferma regista di forte sensibilità, di poetica concretezza, capace di ricercare un dialogo forse impossibile tra favola e realismo, utopia e cronaca, dolore e gioia del nucleo familiare. Immagini lucide, dai colori nitidi, talvolta sporchi, densi di verità per un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti» (www.cnvf.it).
Rivista del Cinematografo – Cinematografo.it: «La vita delle donne di questa famiglia al femminile raccontata da Winspeare non è facile. Sono “fasonisti”, i “cinesi d’Italia”, che confezionano capi d’abbigliamento per le grandi aziende del Nord. La bella Adele (…) è giovane, ma sembra già avere tutta la vita dietro le spalle. La sorella sovrappeso sogna di lavorare nel cinema, possibilmente a Roma e naturalmente senza successo. La figlia di Adele è un’adolescente inquieta, per di più ora senza casa. Nonna Salvatrice le tiene insieme. E si innamora del giardiniere. Un amore tra anziani. Una storia d’amore che è l’unico frammento di sogno nella tela realista del film. Ma come il giardino, così cresce, e cambia, anche la vita delle quattro donne. (…) In Grazia di Dio è una storia piccola e semplice. Ma una storia che contempla con poesia la complessità delle relazioni umane. Il film più compiuto di Winspeare».