Anno 1917, nel pieno della Prima guerra mondiale, i caporali William Schofield e Tom Blake dell’esercito inglese ricevono l’ordine di individuare e raggiungere il battaglione appostato nel bosco di Croisilles in Francia, consegnare al colonnello MacKenzie una lettera da parte del generale Erinmore e salvare così centinaia di commilitoni da morte sicura per opera dei tedeschi…
Valutazione Pastorale
Quello di Sam Mendes è un esordio che lascia il segno. Nel 1998, dirigendo “American Beauty”, si aggiudica Oscar alla regia e al miglior film. Da quel momento la sua strada è tutta in discesa fino a “Skyfall” (2012) e “Spectre” (2015), le più recente avventura targata James Bond. Dopo quattro anni, il regista inglese cambia, però, registro, e sceglie uno scenario di guerra, il 1917 l’anno centrale della Prima guerra mondiale. “Una storia di fantasia – dice Mendes – nella quale situazioni e dettagli rimandano alle storie vere che mio nonno, Alfred H. Mendes, ha vissuto in prima persona o che ha sentito raccontare dai suoi commilitoni”.
Il ritorno a casa (almeno geografico, in Europa) ha voluto dire tornare a confrontarsi con una vicenda di duro e sofferto realismo. I due ragazzi protagonisti affrontano una missione impossibile, nella quale il loro vero nemico è il tempo, che scorre inesorabile e dietro il quale c’è la salvezza o la tragedia. La necessità di creare una crescente tensione emotiva ha spinto Mendes a immaginare questo viaggio estremo come il confronto con una situazione senza via d’uscita. E il percorso nella “terra di nessuno” diventa come la perdita di senso in un terrificante labirinto. Mendes promuove a protagonista il piano sequenza, per cui lo spettatore resta accanto ai due soldati, sempre e comunque.
Ne esce uno stile visivo affascinante e insieme claustrofobico, visionario e a rischio di ripetizione. Nella narrazione, al contrario, viene in mente “Gli anni spezzati” (1981) di Peter Weir; bisogna poi aggiungere che il visionario kolossal “1917” è più vicino a “Uomini contro” (1970) di Francesco Rosi che a “Orizzonti di gloria” (1957) di Stanley Kubrick. L’impresa di Mendes è certo memorabile, degna di ricevere adeguati premi Oscar (in gara con 10 nomination). E tuttavia lo splendore della messa in scena sembra quasi far passare in secondo piano l’atroce sofferenza dei due protagonisti. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e da affidare ad opportune riflessioni.
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Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni, come proposta di forte valore morale perché incentrata su una vicenda di sacrificio e di rischio, per un ulteriore invito a leggere una pagina tragica, vista nella duplice prospettiva della piccola storia umana dei due ragazzi e della grande Storia che si muoveva intorno.
Interpreti e ruoli
George MacKay (Caporale Schofield), Dean-Charles Chapman (Caporale Blake), Mark Strong (Capitano Smith), Andrew Scott (Tenente Leslie), Richard Madden (Tenente Joseph Blake), Claire Duburq ( Lauri), Colin Firth (Generale Erinmore), Benedict Cumberbatch (Colonnello Mackenzie).