“In quel tempo Gesù disse ..”: così si apre il vangelo di questa domenica. Ma in quale tempo Gesù ci dona questo meraviglioso inno di lode che la liturgia ci regala? Per comprenderlo dobbiamo scorrere qualche passo a ritroso e scopriamo che Gesù sta vivendo il tempo dell’opposizione dei suoi conterranei alla novità e alla sapienza della buona novella, annunciata e testimoniata dalla radicalità del Battista: “Ecco dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via” (Mt. 11,10).
Il tempo dell’opposizione preceduto all’inizio del capitolo da quella domanda, sepolta nel cuore dell’uomo: “Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,2). Gesù, il Maestro, rimanda alla realtà, a ciò che di Lui si vede: le sue opere. “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziato il vangelo” (Mt. 11,4-5).
Dinanzi alla realtà che grida il compiersi della sapienza, con la presenza del Signore Gesù che ne è il compimento, ecco che l’opposizione di “questa generazione” si manifesta in tutta la sua ambigua falsità. “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto” (Mt 11,17).
Come a dire: a quale gioco volete giocare? Il lamento del Battista che con forza sollecitava alla conversione era troppo esigente … La gioia del Figlio di Dio per la pienezza dei tempi è scambiata per superficialità – “è un mangione e beone” (Mt. 11,16). Dove mancano sapienza e discernimento il cuore non trova mai riposo, non è mai contento. Ne danno prova Corazin e Betsaida: città che Gesù rimprovera duramente perché, dopo tanti prodigi e miracoli da lui compiuti, si sono chiuse davanti all’appello della conversione che la presenza di Gesù comporta (Mt. 11,21).
A questo punto Gesù esplode in questo inno di benedizione: “Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra … Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza…”(Mt. 11,25). Dopo le tenebre fitte del cuore umano che si oppone alla vita nuova portata da Gesù, ecco uno squarcio di luce e di vittoria. “Ti benedico Padre”: il Figlio sa che il rifiuto dell’uomo di sempre, di ieri e di oggi, non sono l’ultima parola della storia.
Nessun rifiuto dell’uomo potrà mai spegnere l’Amore infinito di Dio Padre, che proprio nel dono del Figlio ha scritto per sempre il suo Amore per te, per me, per tutta l’umanità. Nel buio dell’opposizione risplende la luce dei “sì” dei piccoli al Suo amore. Gesù, il Figlio, sceglie i “piccoli” come i depositari dei suoi pensieri, di ciò che più gli sta a cuore.
Nel pensiero biblico il termine “piccoli” spesso indica coloro che, non appoggiandosi sulla propria intelligenza o forza, confidano e si affidano solo a Dio. Chi sperimenta la propria povertà e insufficienza spalanca il cuore alla sapienza di Dio che tutto vede e conosce. “Ti rendo lode o Padre”: questo è l’annunzio evangelico, la buona novella.
Il Signore del cielo e della terra è innanzitutto “PADRE”, che nel suo Figlio ci dona di conoscere e sperimentare il Suo Amore infinito. Questo stesso Amore è il nostro ristoro, il nostro riposo, la nostra beatitudine: “Venite a me”. La relazione con Dio non sarà più la somma schiacciante di precetti ma la tenerezza di una relazione che si fa dono di vita nuova.
sr.Maria Amata – Monastero di Bra
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