Il brano, che il vangelo di Luca ci propone in questa domenica e che completa quello di domenica scorsa, presenta uno dei primi momenti della predicazione di Gesù, in particolare quella avvenuta nella sinagoga di Nazaret.
E’ un momento importante e determinante per Gesù che torna a Nazaret tra la sua gente, là dove aveva trascorso e condiviso tutti gli anni della sua vita. Qui inizia il suo annuncio, la sua predicazione, qui legge la parola del profeta Isaia e qui si manifesta come colui che realizza, che porta a compimento la parola ascoltata, con quell’ Oggi si è compiuta questa Scrittura. E’ interessante notare come davanti alla parola e alla predicazione di Gesù i suoi ascoltatori mostrano una reazione contraddittoria e sorprendente: da un’attesa nei suoi confronti accompagnata da meraviglia e ammirazione passano allo sdegno e poi al rifiuto totale tanto da volerlo gettare giù dal monte.
C’è un brusco passaggio: in pochi istanti i sentimenti passano da un estremo all’altro. Da un inizio che li vede lusingati, entusiasti, fieri perché è uno di loro, della loro parentela, che ha poteri miracolosi (Medico, cura te stesso) a un epilogo caratterizzato da una reazione violenta perché Gesù si oppone alle loro richieste (In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria), citando due esempi che non si riferiscono ad Israele, il popolo eletto, cioè la vedova di Sarepta di Sidone e Naaman, il Siro. L’attesa dei Nazaretani di avere a propria misura e a proprio profitto e beneficio un Medico si trasforma nell’espulsione e nel rifiuto di un Profeta che indica e porta a compimento il progetto d’amore di Dio nella storia, aperto a tutti.
Cosa ci vuole consegnare il Vangelo attraverso questo cambiamento, questo passaggio brusco? Innanzitutto la fatica ad accogliere la rivelazione di un Dio che si manifesta nella storia come uno di noi, nelle cose e negli eventi più ordinari della nostra esistenza, là dove non avremmo mai pensato di trovarlo e dove non lo cercheremmo. Poi il rivelarsi qual è la nostra immagine di Dio, di un Dio che pensiamo e desideriamo che trasformi, che risolva le situazioni che viviamo mentre egli vuole donarci mente, cuore, occhi nuovi per attraversare ogni passaggio e ogni evento della vita.
Un’immagine di Dio che si accompagna anche a una certa pretesa nei suoi confronti: le richieste che tante volte presentiamo a Lui, anche con bisogni e necessità buone, hanno il sapore di una certa pretesa, come un qualcosa di dovuto, di scontato e non nascono da un cuore povero e confidente che si affida e si lascia incontrare da un Dio che ci viene incontro. Questo episodio nella sinagoga di Nazaret diventa per noi un invito e una provocazione a rileggere il nostro rapporto con Dio, quali atteggiamenti e sentimenti lo accompagnano.
Nel nostro cammino c’è sempre un oggi, una parola che ci viene incontro, un quotidiano che attraverso gli eventi più vari e diversificati ci interroga, mette a nudo cosa portiamo dentro. E soprattutto ci invita a rileggere con quali occhi e quale cuore accogliamo il nostro quotidiano e come lasciamo che la Parola ci interpelli e ci mostri il volto di un Dio che è sempre in cammino con noi e ci apre alla novità del suo amore e del suo Vangelo.
Proviamo a fermarci nella nostra giornata su qualche evento vissuto, qualche incontro avuto, qualche situazione sperimentata oppure su fatiche, difficoltà, dubbi, sentimenti che portiamo dentro e proviamo a interrogarci qual è l’oggi di Dio per noi, quale l’oggi della sua Parola per noi.
Suor Chiara Benedetta Monastero di Milano – FONTE
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