Federazione Clarisse – Commento al Vangelo del 6 Gennaio 2022

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Quella stella dell’Epifania ci ricorda che la fede abita il buio, ma vive di luce.

“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme”. Difficile dire chi fossero questi Magi, identificati normalmente come personaggi stranieri o come simbolo delle diverse razze umane; stando al vangelo “vengono dall’oriente”, la culla e il laboratorio della sapienza antica, secondo la quale il saggio conosce per esperienza.

I Magi sono dei saggi nell’esperienza della fede.

La loro storia inizia con l’apparire di una stella, il baluginare di una luce nella notte: l’hanno scorta, le hanno dato un senso e sono partiti, alla ricerca di quel Dio che ha fatto balenare una luce nell’oscurità.

La fede non vive del senso del dovere, ma del bagliore discreto di una luce, che non sai da dove viene e dove va, ne ascolti la voce, senti che puoi darle fiducia e affidarle il tuo cammino.

Le stelle non si vedono di giorno. C’è dunque una dimensione notturna della fede, dove non è tutto chiaro. I Magi partono, insieme, anche se non hanno capito tutto! Probabilmente in quel cammino saranno andati un po’ a tentoni, a tratti si saranno anche persi e ci sarà stato bisogno dell’apporto di tutti per non cedere allo sconforto, alla nostalgia, alla decisione di tornare indietro; tutti avranno soprattutto messo attenzione a quei segni che potevano orientare il passo. Rispetto alla fede nessuno si trova ancora nel pieno meriggio, siamo tutti viandanti che hanno scorto una piccola luce, ma nessuno la possiede; questo è il presupposto per una Chiesa davvero accogliente, aperta e in dialogo con tutti, in ascolto e docile ai “segni dei tempi”, per proseguire nel cammino e non tornare indietro. Segni dei tempi non sono cose che nel corso della storia meritano attenzione, sono le cose da cui la Chiesa deve imparare, per comprendere e vivere meglio il vangelo, per essere là dove è Dio, nella carne delle donne e degli uomini di ogni tempo.

Con il bagliore di quella stella, abitando la notte, i Magi giungono a Gerusalemme.

Sappiamo come vanno le cose. La loro visita al Re della pace scatena violenza e morte: la strage degli Innocenti è il rovescio della medaglia, la tenebra che avvolge la luce, la zizzania mischiata con il grano. La fede non è una assicurazione sul bene, sulla salute, sulla pace, sulla vita, e non è automatico che al bene risponda il bene, che l’impegno, la fatica, la dedizione, l’amicizia, l’amore, abbiano un esito positivo, un contraccambio. Anche quel Bambino non sarà risparmiato da questo, tra i doni dei Magi vi è la mirra, usata per la sepoltura dei corpi: Gesù da subito conoscerà la minaccia del potere del male e, come accade oggi, anche per lui la fuga sarà la sola via per sottrarsi alla morte.

I Magi giungono comunque a Lui, al senso della loro storia e del loro cammino, alla Luce venuta nel mondo; si sono lasciati coinvolgere da una storia più grande, che abbraccia tutto e tutti, e forse davanti a quella mitezza e umiltà hanno capito che non era venuto per essere adorato, ma per incontrare gli uomini e colmare di amore la carne della loro fragile umanità. Quel Re non li ha trattenuti al suo servizio e loro non sono rimasti “a fargli compagnia”: tornano al loro paese, tra i familiari, gli amici, i vicini di sempre, ma tornano per un’altra strada. Qualcosa è cambiato, qualcosa cambierà.

La fede del meriggio non ama i cambiamenti, pensa che Dio abbia bisogno dei suoi servizi, ascolta solo scribi e sacerdoti… e ben presto smette di camminare, paralizzata dalle sue certezze.

Ma la vera speranza è affidata al bagliore di una stella nell’oscurità, una luce che Dio non farà mai mancare nelle notti dell’umanità, perché siamo fatti per la luce e non per il buio.

Sr. Emanuela Francesca – Monastero di Lovere (BG) – FONTE

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