Credere oltre ogni apparenza.
Credere oltre ogni potere ostile agguerrito e forte che si frappone alla promessa. Credere oltre la timidezza della carne che pronuncia la Parola fragile, balbettata per insegnare, convincere, correggere, educare.
Credere dentro quell’avvilente solitudine che rende il povero più povero perché inascoltato. Ignorato. Credere che l’aiuto verrà. Il custode non si addormenta.
Oggi lo scandalo della parabola ci appare forse non sufficientemente esagerato per raccontare la disonestà che tanti, tante, sperimentano nelle nostre città.
Ma forse, proprio per questo diventa più urgente, impellente, credere oltre.
E ci incanta di ammirazione quella donna, vedova, che ripete e insiste: fammi giustizia!
Ce la immaginiamo quella donna, oggi più che mai, nella figura di tante donne che ci scorrono sotto gli occhi, nei media, o che ci è dato di incontrare personalmente.
Le vediamo, vedove nell’anima e frequentemente nel corpo, private del diritto di amare ed essere amate nella pace della propria casa.
La vediamo tagliarsi una ciocca di capelli per gridare nel gesto una intollerante ingiustizia che calpesta e sopprime la vita, quella più fresca e giovane, che vorrebbe avere il futuro negli occhi.
Fammi giustizia! Il grido di tanta umanità che chiede a noi credenti di credere oltre, di custodire l’unica forza che non fa male, non offende, non umilia.
La sola necessità: pregare sempre, senza stancarci. Perché pregare è mantenere Dio vivo sulla nostra terra. Pregare è pronunciare il suo Nome nelle storie dei suo figli e figlie. Pregare è lasciare le sue impronte nel tempo che viviamo.
Osare credere oltre, con gli occhi, le mani, la voce. Tessere sottili fili di preghiera che congiungono il cielo alla terra, che costringano Dio ad abitare la nostra terra e non possa non riconoscere se stesso quando viene, ora, e quando verrà, Figlio, per dare compimento.
Il Signore ci custodirà, sempre.
Monastero di Imperia – FONTE
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