VI DO UN COMANDAMENTO NUOVO
La regola di vita di amarsi gli uni gli altri è inscritta nei cuori. La vediamo interpretata e vissuta a livelli più o meno profondi: ci si viene incontro l’un l’altro per un favore, ci si scambiano doni e auguri nelle circostanze particolari, si cerca la gioia di buone relazioni, si intessono amicizie fedeli e durature, si rispettano le regole del vivere comune come fondamento della vita sociale e così via. Sebbene non vi sia sempre un coinvolgimento affettivo e talvolta si nascondano l’interesse personale o la logica del mercato, sono tutte forme della necessità vitale di amarsi gli uni gli altri.
Non di rado questo amore è capace di gratuità , per cui si fa l’elemosina, si presta del denaro sapendo che difficilmente potrà essere restituito, si offrono tempo ed energie per fare del bene, si ama pur non avendo contraccambio. Talvolta si arriva a dare la vita, come testimoniano tanti eroi che si sono sacrificati per salvare la vita di altri uomini o donne.
C’è dunque nel cuore umano una naturale filantropia che fa camminare il bene sulla terra e la rende più vivibile e accogliente. Per il credente questa bellezza insita nel cuore degli uomini e delle donne si chiama immagine e somiglianza di Dio.
A questa visione dell’uomo bisogna rifarsi per comprendere il comandamento nuovo che Gesù consegna ai suoi discepoli. Il dono di Dio infatti fa presto i conti con il dramma di una realtà che distorce e ferisce l’amore che abita in noi e tra noi.  Vediamo il Bene, che desideriamo costruire nella convivenza umana, sopraffatto da una serie di sentimenti e azioni opposte. La Bibbia chiama questa presenza ostile peccato.
In questa frattura tra l’immagine e la somiglianza di Dio e il peccato, il Padre, per amore, manda il suo Figlio. Proprio nel momento in cui Gesù è investito dalla tenebra del male e il suo destino sembra deciso dal tradimento di un discepolo, esattamente al cuore della lacerazione del peccato che soffoca l’amore reciproco in un garbuglio di emozioni e interessi contrastanti, l’Unigenito di Dio restituisce ogni figlio e figlia all’originaria vocazione all’amore, cioè all’umanità nella sua pienezza gloriosa. Lo fa legando l’antico e originario imperativo dell’amore alla novità assoluta della sua incarnazione: «come io ho amato voi»! Non solo l’amore di Dio in Gesù si è reso visibile nella sua modalità e misura, ma soprattutto si è riversato nei nostri cuori come inesauribile sorgente di grazia, cui attingere la possibilità di essere con lui vittoriosi sul male che ci divide spegnendo l’amore. Perché Egli ci ha amati e ci ama con misericordia infinita, in Lui possiamo amarci gli uni gli altri, chiedendo su ogni separazione e conflitto la vittoria del perdono, la gloria dell’amore. È questo il frutto della fede pasquale che ci manifesta al mondo come discepoli di Gesù.
Sr. Chiara Amata – Monastero di Milano – FONTE
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