In questa settimana la liturgia ci propone le scene delle “ apparizioni “ o, meglio, usando le parole dell’evangelista, delle “ manifestazioni “ del Risorto.
Ancora una volta il testo evidenzia il “ cambiamento di stato “ dei discepoli che, come quelli di Emmaus, da abbattuti, tristi, sfiduciati che erano, finiscono per “ impazzire “ di gioia nel riconoscerlo.
“ Io vado a pescare “ dice Pietro.
Anche gli altri lo seguono.
E’ una frase che denota la fine di un tratto della loro vita.
Tornano da dove erano partiti.
E’ finito il sogno di essere “ pescatori di uomini “; si torna alla realtà, si torna a fare i “ pescatori di pesci “.
Ma non prendono nulla.
Un tale, che loro non riconoscono quale Gesu’, di mattina, tempo non propizio per la pesca, dice loro di buttare le reti.
Si fidano, lo fanno e pescano tanti pesci.
E, allora, lo riconoscono!!!
“ E’ il Signore “ dice il discepolo che lui amava.
Pietro, “ appena udito che era il Signore “, si getta a mare per la voglia di incontrarlo.
A noi cosa dice questo brano?
Quando seguiamo noi stessi ( “ Andiamo a pescare “ ) non siamo e non realizziamo niente.
Quando viviamo senza Cristo le nostre reti restano vuote perché senza la sua presenza la nostra vita non ha senso, non ha gusto.
Quando lo incontriamo, invece, lo riconosciamo, siamo “ felici “, “ impazziamo “ di gioia, ci buttiamo in acqua per lui perché capiamo che è morto per noi ma, morendo, ha vinto la morte e ha tenuto fede alla sua Parola: siamo destinati all’eternità.
Non viviamo quindi mai separati da Dio.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello
Foto: mia.