Il Vangelo che la liturgia propone nell’ultima Domenica di Quaresima è denso di messaggi per la nostra vita spirituale ed offre tantissimi spunti di riflessione.
Per esigenze di sintesi mi soffermerò su quanto ha risuonato particolarmente in me meditandolo e leggendolo più volte.
Mi ha colpito molto la “ finalità didattica “ dell’evento narrato, che accosta molto la odierna pagina evangelica a quella di Domenica scorsa.
La settimana scorsa la parabola del cieco nato iniziava con Gesu’ che, nel rispondere a chi gli chiedeva “ chi avesse peccato “ perchè quell’uomo fosse nato cieco, rispondeva: “ Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio “.
Oggi, allorquando gli inviati delle sorelle di Lazzaro gli portano la notizia che il suo amico non sta bene ( “ Signore, ecco, colui che tu ami è malato “ ), Gesu’ risponde: “ Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato “.
Sia la cecità dell’uomo che la malattia di Lazzaro sono perché “ le opere e la gloria di Dio siano manifestate “.
E quali sono queste opere di Dio?
E quale è la gloria di Dio?
Sta tutto, a mio parere, nello splendido dialogo che Gesu’ ha con Marta appena arrivato a Betania, che riporto di seguito: “ Marta disse a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo “.
Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà.
Questa è la frase chiave del Vangelo odierno, che contiene il messaggio, spesso incompreso dagli stessi cristiani, che ci porta Gesu’ Cristo.
Il Signore, alla domanda-accusa di Marta ( “ Se fossi stato qui non sarebbe morto “ ) le spiega che lui non è venuto ad aggiungere giorni alla vita ma vita ai giorni, perché chi crede in lui è già risorto in questa vita e, pertanto, anche quando morrà nella carne, continuerà a vivere, perché gli uomini non sono immortali ma eterni.
E’ questo l’insegnamento che dobbiamo trarre dalla pagina di oggi.
Tutti noi, spesso, come Marta, dinanzi al dolore, alla morte, accusiamo Dio di essere assente, di essersi dimenticato di noi ( “ Se fossi stato qui non sarebbe morto “ ), mostrando di non aver capito chi è Gesu’ e cosa ci dice.
Gesu’ non elimina la morte corporale, la ha subita anche lui; essa fa parte della nostra natura umana e, pertanto, quando accade, non è perché Gesu’ è stato assente.
Bisogna liberarsi da questa convinzione, che è grave peccato e denota “ ignoranza di Cristo “.
Gesu’ invece, con la sua Parola, ci fa “ vivere da risorti “ già su questa terra, facendoci pregustare la bellezza che ci sarà nella vita eterna, di cui ci ha dato prova dell’esistenza con la sua resurrezione.
Dio ha già vinto la morte, essa non è l’ultima parola, ma solo un passaggio da una forma di vita ad un’altra.
Il Signore ci vuole pertanto rassicurare su questo e, nel contempo, farci capire che, su questa terra, già possiamo “ vivere da risorti “.
Ma cosa significa questa espressione?
Significa vivere liberi dai nostri pregiudizi, dalle nostre paure, e compiere, ogni giorno, scelte “ di vita “ e non di morte, che consentano alla nostra esistenza terrena di realizzarsi pienamente in attesa di quella eterna.
Gesu’ ci invita, in altre parole, ad “ assaporare l’eternità “.
E allora valga per noi tutti quello che Gesu’ grida a Lazzaro e alla gente, a cui rispettivamente, dice: “ Vieni fuori “ e “ liberatelo e lasciatelo andare “.
“ Vieni fuori “ è l’insegnamento che il Signore ci fa nel rapporto con noi stessi.
Significa vivi per quel che sei, non aver paura dei tuoi sogni, delle tue idee, realizza il progetto che Dio ha per te, sii felice.
“ Liberatelo e lasciatelo andare “ è l’insegnamento che il Signore ci fa nel nostro rapporto con gli altri.
Spesso leghiamo le persone, soprattutto quelle che ci sono più vicine, le appesantiamo creando in loro “ sensi di colpa “, dicendo loro cosa dovrebbero fare per essere “ bravi mariti, brave mogli, bravi genitori, bravi educatori, bravi preti, bravi lavoratori, etc “, dispensando subdolamente questi “ preziosi consigli “ perché desideriamo che glia altri non siano “ loro stessi “ bensi’ “ cosi’ come li vogliamo noi “.
E’ un modo di comportarsi egoistico.
Non dobbiamo pertanto “ legare “ gli altri a noi, ma “ liberarli e lasciarli andare “, in modo tale che possano sentirsi liberi di fare cio’ che consenta loro di realizzarsi e di essere felici.
Lasciar andare è la più grande forma di amore.
In conclusione, quindi, fissiamo nella nostra mente le espressioni: “ Vieni fuori “; “ Liberatelo e lasciatelo andare “ e…concediamoci un momento di riflessione facendoci queste due domande:
-
Vivo realmente la mia vita o sono prigioniero del “ dover fare “ quello che mi chiedono gli altri?
-
Limito, con i miei atteggiamenti e le mie aspettative, gli altri nella loro libertà?
Buona Domenica e buona meditazione a tutti.