Oggi, Domenica delle Palme, si legge, come da calendario liturgico, il Vangelo della passione di nostro Signore Gesu’ Cristo.
In questo testo, che avremo sentito e risentito tantissime volte, è racchiusa tutta “ la prima parte “ dell’essere cristiano, quella complessa, quella che tutti, perfino lo stesso Gesu’, che dice al Padre “allontana da me questo calice “, vorremmo evitare.
Ma non si puo’.
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E’ passaggio necessario ma non bisogna mai dimenticare che non è “ la fine della storia “.
Se, infatti, ci fermassimo alla passione, dovremmo concludere che Gesu’ è uno sconfitto, un fallito.
Il brano si chiude infatti dicendo che il Signore, dando un forte grido, “ spirò “.
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Basta.
E’ morto.
E’ stato bello ma….finisce qui.
Se fosse cosi’ “ vana sarebbe la nostra fede “ e sarebbe veramente da masochisti sobbarcarsi tutta la fatica necessaria per stare alla sequela di Cristo.
E allora va subito detto: oggi è solo la “ prima puntata “, il bello verrà Domenica prossima ove, nella “ seconda puntata “, si vedrà la fine della storia e quel Gesu’, che oggi sembra un perdente, dimostrerà di essere piu’ forte della morte.
Altro che perdente!!!
Chi va dietro a Cristo va quindi sul sicuro perché già sa che, alla fine, vincerà.
Per arrivare alla vittoria bisogna però, come dicevo all’inizio, “ portare la propria croce “, capendo bene cosa cio’ significhi.
Il cristiano non è colui che deve mortificarsi, che deve provocarsi sofferenza, che deve fare rinunce.
Il cristianesimo è la religione della gioia, non della sofferenza!!!
Cristo ci vuole felici, non spenti e tristi.
Portare la croce significa allora “ restare e svolgere fino in fondo la propria missione “, anche se, umanamente, vorremmo da essa fuggire.
Non dobbiamo spaventarci se abbiamo la tentazione di “ mollare la nostra croce “, se ci viene spontaneo, nella preghiera, chiedere che la sofferenza ci venga evitata.
E’ umano, è capitato anche a Gesu’, e il testo di oggi ce lo dice espressamente.
Ci racconta di un uomo che “ cominciò a sentire paura e angoscia “, la cui anima “ è triste fino alla morte “, che prega che “ passi da Lui quell’ora “, che chiede al Padre, a cui tutto è possibile: “allontana da me questo calice “.
E’ umano Gesu’, anche Lui vive le nostre stesse angosce, le nostre stesse paure.
E’ quando la croce sembra impossibile da sostenere che arriva il momento di scegliere se andare avanti fino in fondo o tirarsi indietro.
La tentazione sarebbe quella di mollare.
Per resistere bisogna, come fece Gesu’, “ vegliare e pregare “.
Solo la preghiera, l’affidamento totale al Padre, puo’, alla fine del travaglio, portare alla scelta giusta, che è quella di dire a Dio: “ Io vorrei che il calice mi fosse evitato ma non cio’ che voglio io ma cio’ che vuoi tu “.
Questo è il momento decisivo.
Nella sofferenza, in cui vorremmo “ scendere dalla croce “, è necessario fidarsi di Dio.
Se si compie questo atto di fede si arriva a dire, come Gesu’: “ Basta! È venuta l’ora “ e si va avanti certi che, con Dio affianco, si potrà attraversare la sofferenza.
A quel punto, quando si è fatta la scelta definitiva, se ne accettano le conseguenze: si viene crocifissi.
Nel momento in cui si è sulla croce il demonio tornerà con ancora piu’ insistenza e ci dirà: “ Scendi dalla croce, salva te stesso, ma chi te lo fa fare, pensa a a te “.
A quel punto, però, si è ormai radicati in Dio, ci si è completamente svuotati del sé e ci si è affidati al Padre, che si va avanti, fino alla fine, nella certezza che, attraverso quella croce, si arriverà alla meta, che è la Risurrezione.
Oggi, pertanto, siamo chiamati a “ vegliare e pregare “ per non cadere nella tentazione di mollare.
Per chi resiste “ si spalancheranno le porte della Vita Eterna “.
Buona Domenica e “ buon combattimento “ a tutti.