“ Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei? “
“ Credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? “
“ No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo “.
In questi tre versetti è condensato l’insegnamento che la odierna pagina evangelica vuole fornirci.
Nel mondo ebraico, come è noto, si aveva la convinzione che il male che accadeva ad una persona derivasse dai suoi peccati, o, addirittura, da quelli commessi dai suoi genitori.
Per tale motivo, riferendosi ai due episodi narrati dal Vangelo di oggi, “ alcuni “ pensavano che quegli uomini torturati da Pilato o quelli sui quali era crollata la torre di Siloe fossero “ più peccatori, più colpevoli “ di loro, che si ritenevano “ giusti “.
Anche oggi, pur essendosi evoluto il modo di pensare, restano sia la tentazione di fare la distinzione tra “ giusti “, che saremmo noi, e “ peccatori “, che sarebbero gli altri, sia la presunzione di credere che solo i “ peccatori “ siano meritevoli di castighi.
Da questa tentazione-presunzione nascono gli interrogativi che facciamo a Dio quando, nella nostra vita, accadono degli episodi tristi.
In quei momenti le nostre domande sono: “ Signore, perché proprio a me? “; “ cosa ho fatto di male? “; “ io sono una brava persona, non me lo merito “.
Gesu’, nella pagina evangelica di oggi, disintegra questo modo di pensare e questa visione superstiziosa della fede.
Il Maestro ci dice che nessuno è “ meno peccatore “ di un altro e che tutti, cosi’ come ha fatto Lui per primo, siamo chiamati ad “ attraversare la sofferenza ed il dolore “.
Da questa presa d’atto della nostra fragilità nasce l’unica cosa da fare: CONVERTIRSI.
Tutti siamo chiamati ad attraversare la notte, il dolore, ma, se lo facciamo da convertiti, cioè da persone che sanno che Cristo è loro vicino, cio’ è affrontabile.
Pensiamo dunque ad utilizzare il tempo che ci è stato donato per convertire le nostre condotte.
E’ l’unica strada per non far perire l’anima.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello
Foto: mia.