Ogni volta che la Liturgia propone, durante l’anno (nota: e lo fa spesso), questo brano, mi fa sempre piacere in quanto mi ricorda…il giorno del mio matrimonio, in cui scelsi di leggerlo.
Contiene, a mio parere, tantissime indicazioni per la nostra vita spirituale.
In primo luogo ci dice che il desiderio del Padre è che noi “ portiamo frutto “.
Che significa?
Che ognuno di noi deve sviluppare alla massima potenza e mettere a servizio di tutti i talenti che il Signore gli ha donato.
C’è una strada per far crescere i nostri doni?
Si.
RIMANERE IN CRISTO
E’ la chiave di ogni vita.
Se spezzi la relazione con chi ti ha donato la vita non potrai avere vita.
Sarai un “ morto vivente “.
Non si puo’ prescindere da questa presa d’atto.
Senza verificarti con Cristo, senza relazionarti con Lui ogni giorno, non potrai mai capire come dare il meglio di te, come metterti a servizio della comunità, come spendere degnamente la tua vita.
Senza questa relazione vieni tagliato o, meglio, ti sei “ auto-tagliato “, hai rifiutato la linfa, il nutrimento che ti consente di vivere.
E allora RESTA, non farti prendere dall’illusione che puoi farcela da solo, non farti convincere dalle logiche del mondo che, dominate dal diavolo, vogliono farti credere che Cristo non serve, che la preghiera è “ passatempo per vecchiette “ privo di incidenza nella tua vita.
Non è cosi’.
Se sei credente leggi questa pagina del Vangelo più volte.
Cristo ti dice: “ senza di me non potete fare nulla “.
Per me è stata una frase rivoluzionaria, mi ha fatto capire sempre più la mia piccolezza, i miei limiti, la mia assoluta dipendenza da un ALTRO.
E allora dico a tutti: affidatevi a questo ALTRO, a colui il quale ci ha creati e ci ha dimostrato, con la risurrezione di Cristo, che le sue promesse di eternità sono vere.
Facciamo un bagno di umiltà, prendiamo atto che “ senza di Lui non possiamo fare nulla “ ed impegniamoci a fortificare la relazione con Gesu’.
Solo cosi’ “ daremo frutto “ e saremo “ suoi discepoli “.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello
Foto: mia.