Oggi la liturgia ci propone la parabola del padrone che consegna le sue monete d’oro ai servi.
Domenica scorsa, commentando il “ testo gemello “ dell’evangelista Matteo, mi ero soffermato sulla differenza tra i primi due servi ed il terzo evidenziando che essa consisteva nella “gratitudine “ che i primi due manifestavano per il dono ricevuto, da cui nasceva il loro impegno e la loro fedeltà, e “ l’ingratitudine “ che connotava il terzo servo, da cui derivava la sua paura, il suo non rischiare.
Oggi mi colpisce, nella lettura, la frase “ a chi ha sarà dato; invece a chi non ha sarà tolto anche quello che ha “.
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Sembra un’ingiustizia, sembra che si voglia sottrarre a chi ha poco anche quel poco.
In realtà non c’è nulla di sbagliato.
Chi “ ha “ doni e li “ mette a frutto “ è giusto che riceva altro perché sarà in grado di essere contagioso, di contribuire, in modo evidente, alla costruzione del Regno.
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A chi “ ha “ doni e li “ sotterra “ è invece giusto toglierli perché, in tal modo, vengono “ sprecati “.
La strada di chi si mette in gioco è dura, è rischiosa, è, certamente, piu’ irta rispetto a quella che percorre chi “ sotterra “.
Ma Dio ama chi osa perché è solo osando che il dono porta frutto.
Cosi’ ha fatto anche Gesu’.
Il testo si conclude con la meravigliosa frase: “ dette queste cose, Gesu’ camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme “.
Il Signore si mette “ dinanzi a tutti “ per andare a “ Gerusalemme “, luogo ove sapeva che rischiava di essere ucciso.
Ma Lui continua, Lui segue imperterrito la sua strada, che è quella di “ farsi dono per tutti noi “.
Nessun pericolo, nessuna paura, puo’ allontanarlo dalla sua missione.
Questo è stato per Gesu’ e questo deve essere per i servi che decidono di “ giocarsi per Cristo “ le monete che hanno ricevuto in dono.
A questi servi “ sarà dato ancora di piu’ “.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.