Una pagina meravigliosa e forte ci propone la liturgia all’inizio di questa settimana.
“ La sua vita non dipende da cio’ che egli possiede “.
Questa frase va letta tante e tante volte perché tutti, e dico tutti, confidiamo in cio’ che “ possediamo “, cerchiamo delle rassicurazioni nei “ beni accumulati “.
Attenzione.
Non è, a mio giudizio, un male essere “ previdenti “ e “ saggi amministratori “ dei propri beni; credo, anzi, che una corretta gestione economica sia un elemento connotante un “ uomo responsabile “.
Il problema sta nel “ farsi prendere la mano “ e vivere esclusivamente con l’obiettivo dell’accumulo.
Là sorge il problema, perché si perde di vista il proprio essere e tutto cio’ che lo circonda.
Se io penso solo a lavorare per guadagnare sempre di più, alienandomi completamente da tutto, mi “ perdo la vita “, cioè non mi godo mia moglie, i miei figli, una mia passione, finendo, paradossalmente, per diventare “ ricco ed infelice “, senza rendermi conto che, all’improvviso, mi potrebbe essere chiesta la mia vita.
Vale quindi la pena, nella giornata di oggi, riflettere su questo: “ Tutto quello che ho preparato, di chi sarà? “.
Ponendomi l’interrogativo dovrò convenire che è meglio operare un cambio di rotta e riordinare le priorità della mia esistenza, attribuendole alle relazioni, dapprima a quella con Dio e, poi, a quella con gli altri.
Sono queste relazioni, e non la ricchezza, che mi fanno uomo, che mi consentono di spendere bene l’unica vita che ho.
Il lavoro va bene, è sacrosanto, e cio’ va ribadito, soprattutto in un’epoca in cui viene fatta passare la falsa idea della “ vita in vacanza “ grazie al “ reddito di cittadinanza “ elargito per “ propaganda elettorale “, ma non può essere il mio idolo, né deve essere strumento di alienazione per inseguire una utopistica ricchezza che può venir meno da un momento all’altro.
Quando siamo tentati dall’accumulo, rileggiamo le parole del Vangelo odierno, che, certamente, ci aiuteranno nel riordinare le priorità.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello