โ๏ธย Commento al brano del Vangelo di:ย ย โย Mt 9,36-10,8
โ In quel tempo, Gesรน, vedendo le folle, ne sentรฌ compassione, perchรฉ erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. โ
Il primo versetto del Vangelo di questa Domenica รจ di unโattualitร sconvolgente.
Anche le folle di oggi sono โ stanche โ e โ sfinite โ.
Sono gli aggettivi che piuโ si sentono in giro quando si parla con le persone.
Tutti lamentano โ stanchezza โ, affermano di โ non farcela piuโ โ, si trascinano nellโesistenza senza viverla, passando, come trottole, da un impegno allโaltro senza mai fermarsi.
Questa stanchezza, dice il testo, nasce dal fatto diโฆ.non avere un pastore.
Il pastore รจ lโuomo che guida il gregge, รจ lโuomo che indica la direzione, รจ lโuomo che protegge, รจ lโuomo che accoglie, รจ lโuomo che rasserena, รจ lโuomo che dona piste di senso.
Nella nostra realtร mancano pastori con queste doti.
Ci sono, parafrasando un altro passo del Vangelo in cui si parla di pastori, tanti โ briganti che si spacciano per pastori โ i quali, perรฒ, non sono minimamente interessati al benessere delle pecore ma solo alla loro manipolazione.
Seguire questi โ briganti travestiti da pastori โ conduce alla stanchezza, allo sfinimento.
E allora anche noi siamo chiamati a โ pregare il Signore della messe perchรฉ mandi operai nella sua messe โ.
Operai รจ un termine bellissimo.
Viene da opera, quindi connota un qualcuno che si impegna, che si dร da fare, che vuole realizzare qualcosa.
Questi โ operai โ non sono solo i sacerdoti e le suore, oggi in spaventoso calo, ma siamo tutti noi.
Questo รจ importante comprenderlo perchรฉ, leggere questo versetto pensando che gli unici operai che debbano occuparsi del gregge siano i consacrati รจ un ragionamento deresponsabilizzante.
Io, tu, tutti, siamo chiamati ad essere โ operai della messe โ ma ci tiriamo, spesso, indietro.
Perchรจ?
Perchรจ ci manca una qualitร : la compassione.
Che cosโรจ?
Quando mi imbatto in questo termine cito spesso la definizione che ho sempre trovato piuโ bella, quella dello scrittore Natale Benazzi, che la qualifica cosiโ: โ il turbamento profondo che lโaltro produce in me, nel momento in cui vedo le sue sofferenze, ne sono commosso, mi chino su di lui nella necessitร di alleviarle, perchรฉ sento di non poter fare altro che stare presso di lui โ.
A noi, dobbiamo ammetterlo, manca questo โ turbamento profondo โ dinanzi alla sofferenza altrui perchรฉ siamo concentrati sempre su noi stessi, sulle nostre sofferenze o presunte tali, senza mai alzare gli occhi, benedire Dio per cioโ che abbiamo e metterci a servizio di chi, veramente, ha bisogno.
Vivendo cosiโ, chiusi in noi stessi, tradiamo il nostro essere cristiani.
Il cristiano รจ un inviato e, chi รจ inviato, non puoโ stare fermo ma deve muoversi, deve andare, deve uscire dal recinto delle sue comoditร e deve incessantemente annunciare.
Che cosa?
Che โ il Regno dei cieli รจ vicino โ.
Solo un โ operaio compassionevole โ puoโ portare questo lieto annuncio: il Regno รจ vicino significa che รจ qui, giร nellโoggi, vicino a noi, anche se noi, rannicchiati e con lo sguardo basso, non ce ne accorgiamo.
Il Regno รจ vicino se faccio pace con mia moglie/marito invece di separarmi, se perdono un amico invece di insultarlo, se condono un debito a chi non puoโ restituirmelo piuttosto che fargli causa.
Questo รจ il Regno, ed รจ vicino perchรฉ possono essere io stesso a realizzarlo con le mie azioni quotidiane.
Buona Domenica e buona riflessione a tutti.