Nel testo evangelico odierno Gesu’ parla con Nicodemo spiegandogli il rapporto che c’è tra Padre e Figlio e le conseguenze che produce il credere.
Questo messaggio, forte e chiaro, è oggi rivolto a noi.
Dio è amore all’ennesima potenza; ama talmente la sua creatura che da al mondo il suo figlio unigenito “ perché chiunque creda in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna “.
Incentriamo la nostra riflessione su questa frase.
CHIUNQUE CREDA IN LUI
Credere in Cristo.
Cosa significa concretamente?
Crede in Cristo chi, per fede, sa che Gesu’ è venuto, vissuto, morto e risorto per me.
Crede in Cristo, quindi, chi lo riconosce come suo Redentore e suo Salvatore.
Crede in Cristo chi spera, e quindi, sa per certo, che, poiché Cristo è morto per lui, qualsiasi cosa possa aver fatto, qualsiasi peccato possa aver commesso, il Signore resterà sempre suo amico, perché lo ama.
NON VADA PERDUTO
E’ la sorte di chi non crede.
Chi non accetta la propria natura di creatura fragile, bisognosa di redenzione dei suoi peccati, e si ritiene, al contrario, invincibile, forte, pronto a tutto pur di raggiungere i suoi scopi “ meramente umani “, finisce inevitabilmente per perdersi perché, dinanzi alla prima difficoltà, si scopre improvvisamente fragile e, senza il sostegno di Cristo, crolla.
Una creatura senza relazione con il suo Creatore è come una pianta che non viene mai innaffiata: è destinata alla perdizione e, quindi, alla morte.
MA ABBIA LA VITA ETERNA
Cos’è questa vita eterna?
Ce lo dice l’evangelista Giovanni in un altro passo del suo Vangelo ( Gv 17,3 ): “ Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo “.
Riepilogano tutto quanto sopra possiamo quindi dire che chi crede in Gesu’, vivo e vero, venuto, vissuto, morto e risorto per ciascuno di noi, crede anche nel Padre, che ci viene svelato da Cristo, e non si perde ma, al contrario, acquista la vita eterna, che, a sua volta, è conoscere il Figlio e, attraverso di lui, il Padre.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello