Il testo di oggi ci insegna in cosa consiste il “ quid pluris “ del cristiano, qual è l’elemento che connota ( o dovrebbe farlo ) noi che ci professiamo seguaci del nazareno.
Questo tratto distintivo è “ l’amore senza misura, senza se e senza ma “.
Amare chi ci ama, salutare i nostri fratelli sono, come dice il testo, azioni spontanee, che ci vengono naturali, istintive.
Amare i nemici, pregare per quelli che ci perseguitano, salutare chi ci è lontano è, o, meglio, ci sembra, innaturale, illogico, persino ingiusto.
Qui si gioca la differenza, qui si gioca l’adesione a Cristo.
Il nostro Signore non giudica, fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti; concede, in altre parole, tempo a tutti per convertirsi.
Chi siamo noi per agire diversamente?
Se non giudica Cristo, che potrebbe, perché ci arroghiamo noi il diritto di farlo?
E’ difficile, certamente.
Dio ci chiede un “ cammino di perfezione “, che non significa arrivare a non sbagliare mai, che è impossibile per esseri fragili e limitati come noi, ma sforzarsi a fare il meglio di cui siamo capaci per conformare il nostro agire a quello di Cristo.
Vedremo cosi’ che, a mano a mano, pur con i nostri limiti, riusciremo ad avere uno sguardo diverso sui nostri nemici, sui nostri persecutori e, magari, con un approccio fatto di amore, di perdono, di comprensione, potremo “ spiazzare “ anche loro inducendoli ad un cammino di conversione.
Imitare Cristo, o tentare di farlo, ci rende testimoni credibili del Vangelo.
Invochiamo lo Spirito Santo chiedendogli di guidarci nel nostro “ cammino di perfezione “.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello
Foto: mia.