Un mese.
E’ passato esattamente un mese dal 14 Gennaio, giorno in cui la liturgia proponeva lo stesso testo che si legge oggi, in questa VIª Domenica del tempo ordinario.
Mi piace pensare che sia una sorta di richiamo, una verifica nel chiedersi: “ Sono stato, in questo mese, attento ai tocchi che Cristo mi ha dato “?
E si, perché quel “ LO TOCCO’ “ è il centro di questa pagina, densa di messaggi per noi.
Toccare.
Questo verbo può significare sia “ venire a contatto fisicamente “ con una persona sia “ essere scossi “ per cio’ che quella persona dice.
Nel rapporto con Gesu’ questo verbo trova la sua pienezza perché il Maestro mi “ tocca “ sia nel corpo che nell’anima.
Il tutto, ovviamente, se “ lo voglio “, se, spogliato del mio orgoglio, riconosco la mia lebbra, mi inginocchio dinanzi a lui e lo supplico dicendogli: “ abbi pietà di me che sono un lebbroso, un peccatore, perché so, sono certo che, SE VUOI, puoi purificarmi “.
SE VUOI?
Certo che vuole.
Cristo non aspetta altro!!!
E’ venuto per questo: per “ purificarci “, per “ salvarci “.
Se, pertanto, riconosco, con umiltà, il mio peccato, sono certo che lui MI TOCCA.
I gesti che fa al lebbroso della parabola di oggi sono gli stessi che fa con me: “ Ha compassione, sente, cioè, empatia con la mia sofferenza, con il mio peccato da cui mi voglio liberare, tende la mano, crea, cioè, una relazione, si avvicina a me, ed, infine, MI TOCCA, mi scuote, mi dice di non temere, mi dice che lui non si fa scoraggiare dal mio peccato, anche se fosse il più grande perché è venuto proprio per me, proprio per salvare me. Non esiste lebbra, non esiste peccato che lui non possa guarire “.
Mi tocca quindi nel fisico, mi dà una spinta, mi dice alzati, inizia da capo, muoviti, và, vivi.
Dà una spinta definitiva al mio torpore, al mio vivere da “ morto “, da schiavo del peccato e mi lancia verso una esistenza differente.
Ma il suo “ toccare “ non è solo fisico, è anche interiore.
Mi tocca nel cuore.
Le sue Parole, i sui gesti, sono forti, hanno la capacità di “ scuotermi dentro “.
Su questo “ tocco dell’anima “ oggi invito tutti a soffermarsi.
Quando leggiamo una pagina del Vangelo, quando ascoltiamo le scritture durante la celebrazione della Messa, quella PAROLA ci tocca, ci smuove, o ci lascia indifferenti?
Analizziamo oggi se c’è questo “ moto del cuore “ quando parla Cristo.
Perchè, se non c’è, dobbiamo fortemente interrogarci sulla nostra “ sclerocardia “.
Se resto “ indifferente “ alla Parola qualcosa non va, significa che la lebbra ha preso il sopravvento su di me, creando una corazza cosi’ forte di orgoglio da impedirmi di inginocchiarmi dinanzi a lui e dirgli: “ so che puoi farlo, guariscimi “.
Se, al contrario, la parola mi tocca…iniziamo ad essere sulla buona strada.
Non so a voi ma a me, spesso, è capitato che quando ascolto alcuni passi, alcune omelie di spessore, sento che qualcosa mi si muove dentro, mi sembra quasi che quella Parola sia rivolta non a tutti ma proprio a me, sembra che il celebrante e, attraverso lui, Cristo, stia parlando a me.
Se questo è l’effetto bisogna, in primo luogo, non scappare da quel turbamento.
La Parola, infatti, ci tocca sui nostri punti deboli e li’ vuole provocarci, pungolarci.
Viene naturale, quando qualcosa ci smuove, ci mette di fronte ad alcuni nostri errori che non vogliamo ammettere, avere, come prima reazione, il rifiuto, il far finta di non sentire.
Tale atteggiamento va però superato.
Anche se fa male quella Parola va accolta perché è detta per il nostro bene.
Bisogna quindi farla propria e, con umiltà, riconoscere il proprio errore e modificarsi alla luce di quello che ci ha detto.
E’ duro, sarà duro, ma alla fine il risultato si otterrà: sarà la purificazione.
A quel punto, cosi’ come il lebbroso della parabola, non potremo stare zitti ma ci metteremo a “ proclamare e a divulgare “ ovunque quello che Cristo ha compiuto in noi e diventeremo testimoni cosi’ credibili del Vangelo che tanti fratelli “ verranno a lui “ da ogni parte.
Lasciamoci quindi oggi toccare da Gesu’.
Non poniamogli ostacoli.
Saremo purificati.
Buona Domenica e buona riflessione a tutti.
A cura di Fabrizio Morello